martedì 1 ottobre 2013

centoventiquattro

ripiglio la vita; tra una telefonata e l'altra, che farò. Tra alcuni libri sparsi sul letto, che non leggerò. Tra gli oggetti sparsi anch'essi sopra il letto tolti da una sacca in tela grezza: il portafogli, un libercolo piccolo e nero dentro la custodia di cartone sgualcito, un coltellino multiuso, gli occhiali da sole con le lenti a mascherina e le stanghette piegate un po'. Mi alzo sul busto. Volgendo il capo, e le braccia stese all'indietro. Ripigliandomi la vita, venendo da uno scoramento, da recriminazioni, da dubbi, dall'illusione; osservo più ampiamente tutti gli oggetti che mi circondano. Sul letto dove stavo steso ad occhi chiusi e pensieroso eppure, non pensando a nulla eccetto la vendetta che udii fare capolino e da cui provengo, assorbito in questo mio roteare di  pensieri che vado osservando, non siano eccellenti in questo buco, cul de sec in cui mi ritrovo senza voci che conosco, oppure il  sorriso di chi amo, e me ne esco. Ripigliando  la mia vita con stanchezza. Stando sul letto e vedendo fuori dalla finestra dopo aver superato le tende traforate, vi è il tempo che promette di essere plumbeo. E sto ad occhi aperti e la voce nuova mai usata mi tace in gola. Mi ripiglio. Entrando con la coscienza nella mia vita, e in quello stato in cui ci si trova a non essere, pur vivendo senza alcun pensiero, rispondo al trillo del telefono accorgendomi di vivere attraverso la voce che mi esce nelle parole consequenziali che ascolto nell'andar dicendo, e la voce dall'altro capo del telefono mi fa: << ....ciao disturbo ? ...stavi dormendo ?...>>.

da rivedere         

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