venerdì 21 febbraio 2020

cinquecentoquarantanove

La purpurea a priorità umana all'orecchio digita il disincanto di verde cadmio libera nell'impostazione la dea afflitta. Sopraggiunge nel tinello dell'orafo l'educazione dei pesci in faccia. Uno dietro l'altro il contabile prende nota: sarago, lucioperca, tinca, branzino, gli altri fuggendo sparano qualche colpo di arma da fuoco. Il villano rifatto non si fa attendere invano avvolge nella carta la metafisica dalle ali polverose. Il fulmine della costellazione del cancro salito dalla battigia argento, col cuscino a secco viaggia nel vagon- lit. Sul palmo della mano che abbaia il prolungarsi del dito dell'orafo raggiunge presiede a teatro la mimica del dito rivelatosi medio. Felice, slanciato, visita il sereno uppercut combo diamantino i tratti nobili della bilancia. La sera si cappotta viola a striature sulle chiome scure umbratili. La civetta sul capitello del buio. Il calcio di rigore è calciato alle stelle.     

domenica 9 febbraio 2020

cinquecentoquarant'otto

a volte non c'è nulla di cui biasimarsi 
nulla che sia, ma piuttosto si sfili 
senza essere mai pervenuto 
e per questo non si soffre
semplicemente si è chiusi
nel verbo essere e nel
verbo non avere
amare
è un
semplice commiato di
un sacro arrivederci a mai più