martedì 10 dicembre 2019

cinquecentoquarantasette

Il fenicottero decolla dal fiore psicologico rimane denso il profumo di corolla sul lungo collo a esequie religiose, segue il chiurlo mordace nella sua traiettoria di volo migratorio. L'interesse dei due volatili nonostante l'abracadabra amicale si va spegnendo da tempo immemore presso il circo Massimo. Abbarbicati rosso vermiglio alla luce stazionaria delle loro parole accordate alla pena del meglio crea all'inizio dell'avventura il via vai nello spazio del cavaliere errante, amico di entrambi: egli nei pensieri smercia la propria propaganda vola in abiti scuri e nobili. Le coordinate di circostanza catturano per vie traverse il nugolo di vespe in condominio dentro il cilindro dell'alveare in testa della femmina nera di uomo senza nerbo ma dal sapore universale. In ogni caso i concentrati uteri morbidi del dopo concepimento destano nelle voci di corridoio una sorta di litania d'imbarazzo letargico sia al chiurlo che al fenicottero. Il corpo del chiurlo inoltre in via endovenosa si restringe nei muscoli dei nervi mentre lieve in adagi classici il fenicottero nei modi affabili controlla l'immagine del volo nel suo insieme. Entrambi gestiscono la situazione di abbandono ridicola ma inevitabile sormontati dalla nuvolaglia della sovrappopolazione al litigio: non vi è comprensione affogare nel pozzo. I daimon dal fondo sono i daimon dell'Imperatore di Solov'ev inviano l'eco della loro discordia sempre viva nella cucina degli umani. Nel menù l'amore che appaga tradisce con la stessa lama infierisce sulle proprie vittime nude al cospetto di sentimenti. Il chiurlo rivelatosi dell'est pronuncia sulla punta del becco arcuato la parola umana - polline- Il fenicottero confuso guarda il chiurlo con attenzione e dopo aver trasecolato alla maniera guanti su misura autoctona, favella << mi scusi l'ho confusa per un altro >>.     

lunedì 9 dicembre 2019

cinquecentoquarantasei

beh...si...il cuore non mi stormisce nel petto al vento in fiamme, né traballo; ho pensieri però come cerbiatti mansueti si dirigono al ruscello per abbeverarsi; non sono mai tranquillamente ardente d'amore desiderio di solito son ghiaccio la metamorfosi dei pensieri mi rovescia voglie di canti in rose d'amore sul cuore

cinquecentoquarantacinque

mi sei planata con un frullo negli occhi ti ho veduta sorridere di profilo e io che di fronte a te ti scongiuravo di credermi: ero appena salito dall'inferno calzavo scarpe inzaccherate di peccati altrui il malanimo che mi aveva perseguitato sino ad allora mi aveva reso l'umore instabile per questa ragione avevo preso tempo nel sapere che eri comparsa nel mio cuore a manifestarti la felicità d'averti in me con i baci  

lunedì 25 novembre 2019

cinquecentoquarantaquattro

sapessi che disamore che prova la consuetudine quando si elegge a detentore detentrice di un sentimento a cui si astiene. Poiché non v'è canto di amore che non sia guerra alla consueta arte della tiepidezza ove non v'è arsura non v'è il grido mentre sento la consuetudine muta di porcellana nel suo automatismo invisibile congedarsi di buone maniere da ogni passione che possa piegare l'ordine delle carte del gioco inesauribile il Re, la Regina, il fante, il cavallo, la roncola, il tabarro, i danari in tasca       

lunedì 24 giugno 2019

cinquecentoquarantatrè

L'incontrollabile si è paventato audace demone. Mi ritiro nel deserto coperte per la notte blu, non mi pare notte. Bensì un lungo elogio alla mia pazienza. Di questo subbuglio tra corpi intenzioni con cui non devo irritarmi. Il solito refrain. Mi educo alla non violenza per finire questo mio destino di cui ho rispetto il quale non mi rispetta. Dunque mi copro mi educo mi preparo, la fine di chi desidera la mia fine. Scavo la vasca morbida. Da inumare cadaveri morali, la triste parsimonia del bene    

martedì 26 febbraio 2019

cinquecentoquarantadue

La sofferenza pare inespugnabile. Senza luogo priva d'identità, aeriforme, un'onda di malefici su cui normalmente demolisco il passato il quale però non mi abbandona. Sebbene esso sia crollato non muore definitivamente, ma si riduce in spettri di nugoli in polvere dove il futuro apre le ali, oppure dire riapre le ali: sarebbe più corretto; ma se le riapre non è futuro eppure pare per me che lo sia: nonostante non sia e non prenda poderosamente piede attraverso un totem dalle ali remote. Mi sottomette alla disgrazia di un passato sempre attuale, epperò mai vicino, mai lontano Entità dalla chiaroveggente orda femmina, la cui onta subita, mi infligge l'odore di glicine in una cicatrice in cui l'umiliazione è sorgente di un futuro radioso. Sulla cima del pennacchio, me milites in separata sede.




( t )

cinquecentoquarant'uno

La luna oggettivamente fragile soggettivamente difficile, partecipa al solito al bazar del mantra edera oro lanterna nella valigia di Etere. Tra le montagne il diniego. Iris con la go-pro in testa narciso avvolto in pelle Louis Vuitton, sferra una diagonale acciambellato sul treno. Un vagone dietro l'altro supera la vetta della moka. Seduto, la canna da pesca sul beccuccio nel lago di caffè in tazza, Galene muove il tornello, rapito dalla punta dei capelli ripete la sfida di mille antenati; stretta di mano a Epiphron col piede di ritorno; abbraccia il cappello da macchinista. La polvere dalla strada si solleva stellata in un nugolo di calabroni con le ali da elicottero. Cillaro la foglia di vite sulle pudenda, migra sul treno. Seduto sotto la tettoia nell'abito di lamiera, lo spaventapasseri beve il drink: l'arsura si spegne. Qualcuno dimentica un paio d'ali di carbonio sul cofano della vettura, l'amore con la bambola gonfiabile è priva di braccia, avanza un'onda tridimensionale d'amore d'acqua marina enorme. La tavola da surf sulla cresta del gallo fluttua le parole dalla visiera a oriente, col cappello di schiuma non si è mai perduti. Il cigno in technicolor adagia il becco sulla valigia con la lanterna. Accesa sotto il gabbiano appollaiato nella conca legge le note dello spartito terracqueo. Nel vaso circolare l'eco del passaggio del treno tra le colline: il canneto, il fiume turchese, la doccia di penne. Con lo stop di petto sorvola sino ad ammarare precipitevolissimevolmente sulla tavola da surf di Oupis, il quale vira coda di cometa nell'abbazzia sulla rocca. Il pesce a forma di cuore salta, coperto del ponte si scansa e fugge; si mimetizza nell'universo. Cillaro non raddoppia la marcatura nonostante sia in prima classe. Vede i canidi cremisi presi per le corna sul treno. Nel corridoio di due gambe un cespuglio di corallo di gorgonia in testa, attraversa la città uscito dalla stazione. Non si vede più. Suppellettile tamagochi.               

cinquecentoquaranta

Rimane al largo Ares, mette l'accento al possesso d'addio. Inizialmente le distanze fischi disumani ma le partite sono storie a sé. In ritardo Ermes tra onde schiumanti battute dal vento Eolo è rintracciabile nel lavello d'acciaio inox cucita a due vite. L'incontro tra i due a sud dell'equatore ride sui promontori dalle belle ginocchia. La palla è viva la rincorre Elatus, sulla battigia. Una conchiglia vegeta in 15 ettari tutt'altro che rinunciatari. Se col flauto si attira proposizioni in ferro, alcune lenti nuziali fanno capolino dietro la schiena del sarto. La silfide accarezza il cane nel salotto: le tende ricamate sabbia, dà il falso allarme. Ne approfitta Ares per rinfrescarsi, nuota nell'acquario, esce dal dipinto con la sirena, le tiene la pinna in mano. Timone incontenibile, non è cambiato nulla in Aedo, vive stabilmente corda di violino nell'aria. Di pomeriggio preannuncia tempesta, Ermes guarda riguarda nel tunnel della verticale, tempesta non ne vede. Profonda nelle alghe la bella idea ondulata scultura umana nelle acque, si propaga negli occhi di chi la vede, non è segnalata con branchie ma con seni poderosi; c'è chi vi rimane male. Afrodite trova il goal, fa l'amore sul margine del fiume, si fa le unghie nella schiena sangue amante. Da vera aristocratica conferma la qualità della sua rosa cosmos.      

cinquecentotrentanove

in faccende di amore non mi dedico alla deriva della menzogna: è riprovevole. Sebbene ti ami, provo ostacoli nella mente nel consegnarmi di amore sincero: è l'orgoglio di uomo o semplice timidezza che devo estirpare, non so. Vero è che lo scriverti mi è audacia oltre a promessa di felicità sebbene la volontà non sia sedurti; il descrivermi, il descriverti, diviene fiducia allo stato cristallino dell'animo mio lo susciti necessario: sono tuo. Nell'amore non c'è reciprocità lo so; inoltre l'umanità di cui sono imbevuto è supremazia dell'amore. In questa sorda discrepanza la ragione di ubbie che mi perforano i pensieri, tu sia divenuta eccezione cui non voglio rinunciare in questa scabra suburra d'anime e corpi  

cinquecentotrent'otto

Il piano nell'onda emerge scorpione. Sotto. La campana suona ininterrottamente l'upercut maestro. Discesa armonica sulle braccia. Deposita il sacco di lame. I pattini infuocati. La strada ghiacciata nel blues, gli accordi sorti di buon mattino. Volano tremebonde le pagine aperte. Il precetto intellettuale è loro affezionato. La freccia sabbia, perfora l'aurora. La vedo intrecciarsi sul volto di donna. La prediligo usata dal pianto. La foto ci ritrae mentre ci amiamo ad un metro. 

cinquecentotrentasette

Una fallimento di finzione, senza un minimo di audacia. Costoro: animali primitivi privi di ideali, da ignorare. Cui devo invece dare la mia disponibilità. Noia mortale

lunedì 25 febbraio 2019

cinquecentotrentasei

L'avvitamento occhio croce è la buona notizia per il macth. Al suono del rebetiko la partita resta bloccata tra i glutei d'Agrio. Di bianco l'uomo infuso nell'ambra si sveste. Clizio nonostante il movimento immediato sulla base dell'omicron sandouri Tifone si sistema in equilibrio sul canotto. Il coda de vaca gli riesce sulle note della lira. Violino a tre corde multicolori. Il danaro steso sul filo del rasoio stenta. L'argine disturba la quiete, il cinguettio sui rami cartamoneta svaluta il centrocampo. In una bolla di sollucchero continua ad esserci la scintilla di propano liquido. Al suono del bouzouki liuto col manico lungo Toante favilla l'ypsilon con cui non ha mai perso una partita, tranne quella della bellezza. Un macello sociale: la storia la sappiamo; pizze per finanze grandi come il firmamento. Mangiare bere godere una cupa solfa rimbombante di traditori cui nessuno desidera impostare sulla tre quarti. Menù artistico dribbling uomo vs uomo lasciar perdere. Impalare l'intellighenzia impiccarne la morale. L'immortale Mimas messo giù. Si lamenta. La situazione pare interessante con la chitarra classica che fa le fusa ad anelli concentrici. Eunomia sale sul palco con il vassoio argento porta da bere delle birre doppio malto. Alla batteria il carro solare dominatore dello spazio acustico chiude gli esterni con la faccia sporca. Damiso sa il fatto suo in ritmica cromatica. Il taglio di uno dei tre recipienti cerca nella fetta la fascia laterale. Con la seria strumentazione in out il fallo laterale non ne vuol sapere. C'è la chiusura di gambe di Eunomia. Mimas in fase di possesso ma soprattutto di non possesso stizzito si lascia andare ad un gestaccio: i due si dicono qualcosa. Eunomia memorabilia. Un bel confronto acceso da supermarket sera sabato di Agosto. Col fischietto d'osso di cinghiale Toante mette pace. Mimas guarda il deretano di Eunomia col sudario in terital svolazzante: la quale se ne va. Agrio, la birra in corpo la bottiglia vuota crea suoni ancestrali ululati. Qualcuno ci ripensa: consulta il Var nel replay: Eunomia ha tutte le sragioni, Mimas è impresentabile. La finta è grottesca.  In versione centravanti oracolo di periferia Mimas è colto dall'ira: sentenzia in stile guru la iattura urbi et orbi: << l'ira vi colpirà nell'imo la tragedia vi è amica: non sapere è il dramma che si consuma sulle vostre labbra, vi irrido: stercorari ! >>. Si riprende a giocare: la querelle rientra. Zeta nelle fasi finali lo vedete con la scritta di D'annunzio sul bicipite il volto di Mussolini all'interno della coscia destra. Come si dice: da prendere con le molle. Possesso Teta nella zona di Tau la stessa situazione a Sigma in campionato è stato fischiato: rigore. Sigma vuole Zeta. Lo trova. Kappa scodella un cross al centro. Rinvia alla viva il parroco Omega: la palla è sempre lì. C'è una buca, l'invasore di campo con lo spry la segnala. Il finimondo. Dopo l'infortunio a tinte fosche tutti in area. Omega, Zeta tutti i saltatori anche Mimas che non è un gigante a spazzare l'area. Alfa vicino Beta, Fi marca Khi, Ro sorveglia Pi, Ni abbraccia Mi, Eta tira la maglia a Gamma, Gamma per terra la pantomima, non ci crede nessuno roba da circo equestre, Penta gli rifila un pestone: ora è fallo per davvero. Toante vuol dire la sua, gliela dice sputando veleno come un cobra del deserto, l'arbitro Totem alza il cartellino giallo come una rosa, l'espressione d'inflessibilità. Tifone non si fa da parte: muro contro muro, la gara a chi non capisce un fico secco ha i suoi momenti epici mentre ci si muove sul fronte dell'attacco. Un grumo di mucchio super selvaggio nell'area piccola, la squadra ospite fa il trenino. Passa Delta alza la gonna in area piccola fa vedere la merce tutti in area grande si distraggono scendono dal trenino: tranne Pi e Ni sul dischetto del rigore fanno petting in un outing antropologico di razza gay.  Invasione di campo. L'infante si precipita a fellatio sui due gay, è pedofilia. Si consulta il Var: l'infante è adottato, non c'è pedofilia. Lo stanno educando portavoce: aedo polistrumentista. Si tenta di riprendere il gioco, si ricostruisce il trenino. Eunomia smette di sbaciucchiare vicino il sette del palo Gamma con l'occhio di vetro espanso da spia insulare. Si rivolge all'arbitro Totem sentenzia << gli sono troppo vicino per sognarlo >> Subito cacciata dal campo dal Totem per la ragione che non ha così occhi contagiosi: la verità non si fa trapelare in nessun commento. Finalmente riprende il gioco mucchio super selvaggio in centro area fuori dall'area, Iota vicino Kappa Omega abbraccia Psi i due si sfiorano, cross vanno incontro la palla sorvola la traversa ritorna in gioco l'arbitro Totem fischia. Psi non è d'accordo va vicino all'arbitro Totem << la stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia >> Il Totem lascia correre, è in trance psichica, o non capisce: di solito i Totem non capiscono l'ironia, ma una percentuale elevatissima di Totem si affida alla procedura standart: battuta che Psi non si fa scappare << chi vive procedure si affida a iatture >> .Il Totem arbitro questa la capisce: Psi ammonito col cartellino rosso, il Totem estrae quello giusto: cartellino giallo per Psi. Kurt Opossum sbocconcella cotenna di maiale dagli spalti color lilla vede a fionda l'ammonizione del mito Psi; al suono della canzone Shot Down In Flames degli AC/ CD si alza ultras hooligan fashion, lancia in campo con violenza la bottiglia vuota di lager. L'arbitro Totem la raccoglie, sequestra immediatamente il corpo contundente, vi scorge un foglio arrotolato all'interno lo estrae vergato in Spagnolo Francese Italiano << con cuernos, cornù, cornuto >> per non dare adito a populismi triviali signorine transessuali, fischia la ripresa del gioco. La lavagna digitale dice 5 minuti di recupero. 5 minuti d'inferno. Il guardalinee sventola la bandiera poi si esibisce con l'aiuto dello sfintere la mossa d'autoerotismo. Il boato dell'anfiteatro lo scrosciare di battiti di palpebra. Gamma ha le corna zoccoli caprini la coda. Eumonia fa l'amore in area con Beta. Invasione di campo. L'uomo, il vestito cucito con danaro fuori corso con faccia Caravaggio: corre a piedi nudi sul prato verde.