sabato 5 ottobre 2013

centoventicinque 125

L'impressione fu: che passato un periodo tra noi tetro di considerazioni che ci agitavano per come non fossero lusinghieri, ma ricchi di pochezza, Lei, che aveva letto i miei scritti inerenti al nostro rapporto consumato a quel modo  mediocre, pur maturando un'idea negativa, su quei ritratti e ricostruzioni di eventi riguardanti noi, fatti da me; e che mi disse, di quanto fossero troppo personali e identificabili tutti con la sua persona ( le risposi di non temere, e che le amiche e gli amici con cui usciva non leggevamo mai, e non li avrebbero mai cercati quegli scritti, permettendomi di chiederle che mezzo usassero per scambiarsi opinioni: il linguaggio dei muti ? ) e dunque non condivisibili da parte sua: vi fosse la volontà Lei sosteneva, non di oltraggiarla, denigrarla, offenderla, per quell'amore vituperato da entrambi noi, e a parere mio prevalentemente da Lei; comunque amore trattato da degente che ci aveva visto da protagonisti; bensì Lei focalizzando tutto l'ammasso di fatti e circostanze; vi trovò di sé: l'amante. Musa iniqua e deflagrante, a sua insaputa, di un amore che aveva ottenuto dalla provvidenza, ma non aveva saputo come fare per trattenerlo, non considerandolo valore universale, bensì trattenendolo per abitudine convenienza, comodità, quasi fosse di matrice familiare avutolo per caso; e che si tratta con distrazione lecita e redarguibile da nessuno per ovvietà di relazione. Il nostro amore. Così malato di incomprensione, e squalificato. Di capacità. Dove con pazienza temporale le illustravo per via che Lei tornasse in sé e l'amore tra noi, i vari aspetti e inconvenienti che nel corso dei periodi in cui Lei non si adoperava, andassimo incontro, demolendomi sentimentalmente. Quando vi lesse in quelle mie pagine, l'amore che tra noi vi fu, carnalmente. Mi telefonò. Dopo aver cercato di ottenere nei fatti una riconciliazione, assieme ad un'autorevolezza da giocarsi a parole in quella telefonata che sarebbe seguita,  e che mi fece per poter essere vincente e convincermi nella mia più completa ( sua ), autonomia di desiderare di togliere quella descrizione che ci vedeva amanti nel fare l'amore. Mi disse...<< sono la madre di tuo figlio...e su quello che hai scritto di noi, e che ho letto devo dirti che personalmente... ho una reputazione...! >>. A quelle parole le battute, gagliarde, comiche e sarcastiche, ne avrei avute molteplici, ma risposi. Si. Che avrei tolto dal blog quelle descrizioni di come ci eravamo amati. Non perché avessi ceduto alla ragione con cui voleva sensibilizzarmi, no; ma solo perché in quella telefonata il tono di voce che aveva nel chiedermelo era trepidante. E profondamente doloroso. Come io non avrei capito mai. Non essendo mediocre come Lei dimostrava di essere mostrandosi così borghese e perdente, e a quel punto decisi. Che il mio comprendere le parole che usava per convincermi, potevano essere comprese, solo se avessi ceduto, dalla mia posizione di forza.


da rivedere       

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