sabato 31 agosto 2013

novantatre

Quando la notte, attraverso la finestra rimbrotta mestamente di vetture lanciate sugli pneumatici; rotolano sull'asfalto rumorosamente, saccheggiano il silenzio con una strisciata di vapore lo colorano; la luce latita a schizzi sul buio, l'oscurità marca linee d'ogni entità, cose, persone, congiuntamente fonde l'orizzonte indistinguibile non più nero; nella mia camera sotto le coperte accosto i sentimenti vivi al sonno, mi desto sul lento montare di lenzuola; cerco il capo della coperta coprendomi le spalle fresca l'aria fessura dalla finestra, mi si piega in volto carezzandomi la coscienza; apro gli occhi nel calore di un abbraccio avvoltolato alla coperta.     

novantadue 92

Scoprì dentro di sé, che non avevo nessun diritto su di Lei. Non ero ciò che sembravo, sembravo ciò che non ero. L'avrei maltrattata; la stavo maltrattando, la felicità era distante, non ne ero portatore. Non potevo pretendere nulla, la sofferenza era presso di noi, statua puzzolente col sorriso malvagio sempiterno sulle labbra. Non avrebbe mai più fatto l'amore con me, amavo come un egoista, voleva più attenzioni, desiderava altri uomini che l'amassero: con foga, passione, voracità. Ne aveva il diritto. Desiderava essere libera di amare, fare l'amore conservando la dignità, immacolata presso di sé, di fronte a tutti Se avessi capito che viveva un momento difficile, le avrei detto di badare a se stessa: guardare troppi film stravaccata sul divano, può destabilizzare non solo la piega dei capelli.    

giovedì 15 agosto 2013

novant'uno

La realtà è terribile per chi nutre buoni sentimenti, se potesse spezzarti lo fa. Indignandosi per tanta  ingenuità che dimostri in quel saluto timido garbato;direbbe come ti permetti ? La realtà non perdona; infierisce inocula dubbi nei cuori; rende malvagia qualsiasi frase che sia proferita d'amore. Terribile chi nutre buoni sentimenti: non s'incontreranno né ora né mai, né troveranno luogo nell'anima: solo parole fosche, dichiarate col suono dell'amore.
 

martedì 13 agosto 2013

novanta 90

Durante una discussione rancorosa, le feci notare che in tutti quegli anni trascorsi insieme Lei non aveva mai pagato il conto al ristorante; glielo dissi come a voler mettere a fuoco un aspetto per niente signorile della sua personalità, dava a intendere, quanto fosse avara in quell'approfittarsi delle buone maniere, dimostrandosi taccagna, non esibendosi mai per pagare il conto: candida e messa al muro mi rispose che glielo dovevo. La guardai allibito, capii che per anni pensava come Lei desse lustro alla mia estrazione popolana presumibilmente rozza rispetto alla sua Il mio pagare il conto tutte le volte che andavamo al ristorante, in pizzeria, era in realtà pagare secondo la sua visione delle cose, pagare dazio al destino che mi aveva concesso, la fortuna di uscire con una donna bellissima. Lo pensava. E me lo disse in quel modo. Con tono di superiorità, che non avevo mai percepito. Al ché, rimasi basito da quelle parole che parevano estranee a noi ma non lo erano; le  interpretai dette da una fantasia per nulla astratta, proveniente dal convincimento ingenuo scaturito dalla sorpresa dell'affermazione che le avevo rivolto nella discussione. Ci riflettei un attimo in più, alla sua risposta: a pensarci bene a mente fredda, posso dire che avesse ragione. Meritava di essere pagata per il servizio che mi concedeva.   

ottantanove

Monaco di Baviera. Alcune papere con i cuccioli a seguito legati ad un filo invisibile radenti al muro, color vinaccia luminoso nella giornata assolata, trotterellano sino all'angolo, una sterzata rapida tornano freneticamente indietro; cercano la via che non trovano per raggiungere il parco attraverso gli alberi poco distanti, si immergeranno nel verde lontano da tutta la gente che sta osservando; la polizia non sa che fare. Se attendere che le cose si sviluppino positivamente, oppure chissà. Accompagnarle. Imbocco il tunnel rivestito di mattonelle da bagno blu rosse lucenti, risalgo, mi rimetto nel caos della città seguendo la coda di vetture che mi precede. In tedesco coda si dice - stau - sull'arteria cittadina; vetture allineate l'una all'altra paaiono vagoni d'un treno eterogeneo; con lo scarico delle marmitte sforacchiano l'aria colmandola di smog; per gli occhi che si abituano al traffico di soste partenze dai semafori; nei rallentamenti superiamo i lavori in corso. Questo lavorare rimaneggia la viabilità che devia il traffico, siamo in un tunnel traffico che scorre a disagio. Alla mia sinistra lo stadio, cattedrale che vidi in televisione da bambino nella mia casa in Svizzera durante i mondiali di Germania 1974; Seep Maier, Berti Vogst, Paul Breitner, Hans-Georg Schwarzenbeck, Franz Bekenbauer, Rainer Bonhof, Jurgen Grabowsky, Wofgang Overath, Gerd Muller, Uli Hoenes, Bernd Holzenbain, all.Shon conoscevo a memoria le squadre che giocarono la finale; Jan Jongbloed, Wim Suurbier, Arie Haan, Wim Rijsbergen, Ruud Krol che venne in Italia, Wim Jansen, Johan Neeskens, Willem van Hanegem, Johnny Rep, Johan Cruyff, Rob Rensenbrink; All.Rinus Michels; l'enorme lancia dal pomello rotondo si erge in cielo, l'anello circolare a molti metri di altezza il panorama sulla città, la punta sbuca scorre verticale si assottiglia verso l'infinito. E rivedo le papere con loro cuccioli legati al filo invisibile radenti il muro color vinaccia; il tunnel rivestito di mattonelle da bagno, la risalita;  prima del ponte sul fiume, si sterza per trovarsi immersi nel verde; come mi disse la ragazza che incontrai quando parcheggiai sul viale: dopo il ponte laggiù, avrei dovuto svoltare a destra; una volta svoltato ci si tuffa nel bosco presso il corso del fiume <<... lo zoo ? lo trovi proprio di fronte a te...>> .         

ottantotto

La tranquillità per predisposizione tende ad evaporare; lasciandosi ricordare con difficoltà l'equilibrio sfiora la perfezione; se i pensieri deputati a raccogliere la realtà che si vive non riescono ad ampliare diluendo i fatti volatili, nell'essere immemori.  

ottantasette 87

Dopo anni pensa, io sia ancora innamorato di Lei; che scriva di Lei per riaverla, che la sua sessualità mi appartenga, la pretenda, sia centrale nella mia vita; che non riesca a dimenticarla. Non pensa che dopo tanti anni di convivenza insieme Lei sia materiale scritturale da cui attingo per esprimermi. Non lo pensa per grossolanità, rozzezza; non mi pare fosse analfabeta triviale, forse lo è diventata.  

lunedì 12 agosto 2013

ottantasei 86

Lei non ha la necessità di un amore col rischio di vedersi rimpicciolire, assieme ai propri desideri a rango seme; da cui germoglierebbe l'essenza di futuro che si prospetta per una coppia; non direbbe no ma sentirebbe il no dall'eco dei suoi meandri. In sostituzione, la necessità di un'alleanza. Per garantire a sé e al suo consimile lo stato delle cose, mediocre, inamovibile, insapore, di attesa per qualcosa di migliore: lo stallo rende in termini sentimentali, la vita tranquilla. Senza scossoni. Una superficialità senza tempo, astratta nella ripetitività riproposta in luoghi diversi. L'amore è per persone serie.  

ottantacinque 85

appare umile cela la propria supponenza. Arriva ad usare la presunta umiltà, nell'ostentarla lieve. E' velo che ondeggia per amare ?. Per umiliare a tratti impercettibilmente, non sistematicamente sempre. Sottilmente per emergere dalla propria sensazione di pochezza rivolta al nulla. Impalpabile. Da non comparire al cospetto di coscienza di nessuno, tantomeno di sé; da non potersi chiedere, di sapere o non sapere chi si è nelle profondità.    

ottantaquattro 84

E' friabile dove Lei si erge con tanta sicumera. Ripete all'infinito il solito lurido loop di litigi. E' sdrucciolevole dove Lei si erge, se cadesse sarebbe un tonfo. Smemorata, il futuro è livido di stenti e i sentimenti da riannodare o rinnovare. Non sai com'è difficile amare ?  

ottantatre 83

E tutte le strade portano all'io. Lei ama l'haiku che le ho donato senza comprenderne l'essenza. Che importa; se vuol solo esser musa o icona ed è sufficiente a sollevarla ? Come il macigno che mi scaglia; per le attenzioni che non le presto dice. E con ira m'inveisce contro, ira che dovrei nutrire per legittimi sospetti ? E in questi sospetti costruire un processo alle intenzioni ? Lei in difesa è abile, ma non troppo. Se penso che l'ira sia; quale miglior difesa nell'attacco ? E allora proclamo a me stesso: ti ormeggerai amore. Ti ormeggerai sciocca di vanità appena i miei occhi si leveranno da te, mia incongruità. Il mio cuore soffrirà si, conosco il tuo di cuore; non preoccuparti: non ce l'hai non si spezzerà.  

domenica 11 agosto 2013

ottantadue 82

Se ti premessi, interromperesti la tua vita qualunque essa sia. Per dichiararmi la tua intenzione, nel silenzio delle cose. Ti fermeresti percependo che se ogni elucubrazione la sentissi inadatta te la scuciresti, per sospingerla in un antro, oltre. Per giorni e giorni. Ripristinando l'audio e la voce attenta modulandola alle mie di elucubrazioni. Che non meritano risposte, lo so. Tanto sono irreali da morire. Nel silenzio delle cose però mi cercheresti. Mai distratta. Applaudendo, inconsapevole di ricordi da enumerare nei pensieri e dire mai. E cullarti. Ai miei ritmi di neonato antico. Che non soffre sorpreso. E dichiararmi l'affetto che non vedo che non chiedo. Come stupefatto ora dall'irragionevole sentore. Di come un essere si riduca nella vivacità nell'alterigia ad avvinghiarsi alle proprie trame rinsecchite. Abbandonando il resto suo malgrado. Poiché in un attimo si invecchia o ci si ammala. E non è la morte che ancora non mi appartiene, che mi disturba con la sua presenza, in questo modo non sono autosufficiente non c'è l'amore che ho sempre dilapidato. Ora che serve per sostenermi, non lo vedo e non intendo. Ma forse come l'amore mi contraddico. Sono un peso gracile se distante, inamovibile se condiviso. Comunque un peso. Il peso della responsabilità che non si vuole perché non si è all'altezza, mai all'altezza di nessun compito se l'amore manca. E sempre al di sotto di ogni richiesta. E' la vita che si offre sviluppandosi frenetica e sorprendente, e noi, non scegliamo mai. Lo so. Come sempre. Nel metterci alla prova, vince e vince facile quando, chi dovrebbe manifestarlo quell'amore: non vi è educato. Ma piuttosto alla forma. Cui mai, ci si sottrae, costi quel che costi. Una parola detta, in tale forma, è detta. Per quanto l'humus da cui possa provenire sia volgare, efficiente per l'amore. Vero. Una parola che valga, e che può valere per sottrarsi da ogni impiccio mondano. Come nel mio caso. Che esalta la libertà striminzita di saper scegliere il canovaccio più adeguato alla situazione più adeguata. E l'amore non c'entra. In queste circostanze l'amore non c'entra. E' escluso esteriormente. E si suppone, sia presente nell'intenzione. Si l'intenzione. Quella mia cara, da cui sono partito. Ma un'altra intenzione, che fosse dal sapore amorevole. Dell'aridezza della tua forma contenuta, ne faccio a meno.

da rivedere       

ottant'uno 81

Che il mio io si fosse mescolato al suo, e Lei mi appartenesse, poiché io per primo sentivo che in questo modo ci appartenevamo non volendo, era vero per noi; Lei godeva di una parte di me e non poteva pretendere che io non reclamassi l'esatto e lo sbagliato se fosse risultato importante. E sebbene Lei non condividesse la mia intrusione, asserendo di essere autonoma libera di essere come preferiva, io non fui mai d'accordo. Eravamo mescolati. Rifletto ora che fosse moralmente entusiasta di ciò che l'alchimia dell'amore concedeva a due che si amano. Per quieto vivere iniziò a mentirmi.     

ottanta 80

Nonostante l'avessimo deciso insieme; avere un figlio per me significò mettere in atto un'idea su cui progettare un futuro. Per Lei fu vivere un incidente.   

settantanove 79

Intervennero le amiche nel farle pensare che la vita che conduceva era impostata sui binari della tradizione, della negazione della donna. Nonostante avesse una relazione consolidata cui da tanto non metteva nè passione nè interesse nonostante ci fosse un figlio; sentì il dovere nei propri confronti di emanciparsi. Cambiò sede di lavoro, cambiò relazioni, divenne amante, si concesse a libertà sessuali sfrenate per recuperare il tempo perduto, tornò a vivere con madre e sorelle, il figlio lo crebbe la madre, in serenità iniziò la nuova vita impostata diversamente dalla precedente; le dava soddisfazioni professionali cui s'inchinava con gratitudine agli autori di tale cura; conosceva persone con cui poteva condividere vizi che rimanevano riservati; era spregiudicata e significava essere donna; con sicumera quando potè, mi diede dimostrazione della sua emancipazione; la incontrai sotto casa dopo avermi consegnato nostro figlio, con l'amante con cui si era data appuntamento. Tanto emancipata che la sua emancipazione era scivolata in un segno di sfregio irrispettoso nei miei confronti. Forse scema, forse idiota, forse non pensa, oppure si, pensa che tutto scivoli via e sarà dimenticato come avviene nella sua testa, e nel suo comportamento da donna di poco conto.        

settantotto 78

Non ebbi mai dubbi, quando Lei andò in vacanza con sua sorella. Non ne ebbi quando l'accompagnai dal dottore che la visitò circa un'ora e mezza mentre io e nostro figlio l'attendavamo fuori in vettura. Nemmeno quando lo stesso dottore fu denunciato per atti di libidine nei confronti delle proprie pazienti. Non ebbi dubbi quando la sorella di Lei, quella con cui aveva trascorso le vacanze non si presentò al battesimo nè alla comunione di nostro figlio. Non ebbi mai dubbi quando mi diceva un orario di rientro, ed invece era un altro. Non ebbi mai dubbi sulla sua fedeltà, mi aveva convinto di non desiderare nessuno eccetto me. Non ho nemmeno dubbi ora su di me, se dico, di essere stato un emerito ingenuo.  

settantasette 77

...guardai il display del cellulare e vidi che Lei mi aveva inviato una frase d'amore " bonsoir amour " poi sentii che eravamo insieme, riconciliati e innamorati; ci parlavamo abbracciati in un idillio, dove il passato burrascoso alle spalle.... Con orrore aprii gli occhi e l'amara sensazione di rammarico era pronta a farsi valere con i rimproveri: se fosse stata realtà. E mi toccai sincerandomi del sudore di cui ero imperlata la fronte. Ero spaventato. Lo diceva anche il cuore che si era messo a battere in petto tra quei pensieri. Per tranquillizzarmi, allungai la mano al buio e toccai i manoscritti che avevo scritto su di Lei sul comodino. Riappacificatomi nel guardare il soffitto che non vedevo.  Mi riaddormentai, pensando a quel proverbio Boemo che dice: l'amore è una malattia che si vuole avere  

settantasei

Lucerna. Il picnic sul lago: ci ode camminare sul sentiero fatto in ghiaia, mentre una ragazza di colore stesa sulla panchina, dorme riversa negli occhiali scuri con le aste di metallo. La coppia seduta e affiancata ci osserva dando l'impressione di non pensare a nulla, se non inquadrandoti il tempo che indossiamo fosse un velo invisibile, e ci riguarda con l'espressione di due animali domestici. E ci osserva quella statua sola e all'ombra di quell'albero  nel prato verde, che ricorda esser fatta da Moore l'artista. E resta lì impassibile e vulcanica nel significato, spoglia di occhi ma colma di esperienza dell'artista; e non scorge la scolaresca che chiassosa, venera ogni gioco o lazzo che viene suscitato per la gioia del gruppo che all'ombra degli alberi con le fronde in acqua, banchetta festosa e frettolosa. La ragazza giapponese con la macchina fotografica inquadra la partita di beach volley tra i quattro ragazzi; con quel suo abitino rosa confetto e l'acconciatura a caschetto pare essere irreale e stucchevole in quel camminare sulla riva seguendo il sentiero con la ghiaia e vede distogliendo lo sguardo; vede distogliendolo di nuovo, e rivede da quelle fessure in volto, che la osservo camminare. E chissà se scorge in sé, che le sto ammirando il colore della carnagione bianca, in quell'abito rosa e le gambe e i piedi con le calzature nere, mentre mi supera. E chi corre in surplace col cane al guinzaglio. Le papere nascoste tra i canneti che si lisciano le penne. La via centrale della città trafficata. L'uccello acquatico nero con la fronte e il becco bianchi che passeggia in cerca di cibo da beccare. E l'uccello bianco, poco più in là del canneto, sta acquattato sulla cima del legno che emerge dall'acqua. E mi guarda, appoggiare la borsa e spogliarmi, mentre mio figlio seduto sulla scalea breve, sta in silenzio e con i piedi in acqua va pensando, di tuffarsi e fare un bel bagno nel lago.       

sabato 10 agosto 2013

settantacinque

Il nonno del nipotino amava il bosco, la caccia, i cani. E di cani ne aveva due. Femmine di bracco tedesco con il pelo rasato marrone; per due caratteristiche le cagne di quella razza gli erano venute a piacere: la fedeltà e l'intelligenza che dimostravano, tanto da essere preferite ai maschi per la caccia. Nel corso del tempo acquistò un maschio della stessa razza, dopo averlo addestrato lo portò con sé. Andò anche il nipotino a caccia col nonno, quando vide salire nel baule le due cagne, non il maschio chiese <<...Iron non c'è ?...>> <<...no!..>> <<...non viene ?...>> <<...no...non l'ho portato!...>> intuendo che il nipotino avrebbe chiesto più di quello che stava chiedendo <<...Iron ha due qualità: è fedele più delle due femmine, ma purtroppo... è stupido...! >><<...non ha la qualità principe per avere coraggio: la prudenza...!>> <<...se vede un capriolo, una volpe, un cervo, li rincorre, ma se incontra un cinghiale ?...il cinghiale non sempre scappa e ti carica, con la stessa irruenza e foga di un piccolo toro...!>> <<... e allora è meglio lasciarlo a casa...>>.      

venerdì 9 agosto 2013

settantaquattro

Eloise ha la sfiducia che le attraversa gli occhi. Socchiusi al mondo che vede, non le piace, non lo dice. Poiché in quel mondo, ci deve vivere nella sfiducia del bisogno che sorride. Simula tacendo la concordia, che noti sulle labbra tumide di rossetto lucido e che prova; nonostante la sfiducia che mi esprime la quale si dilegua al proferire del suo nome di battesimo <<...Eloise...>> per poi aggiungere quello di suo figlio, con titubanza normalità, l'attende da qualche parte con qualche amica, sorella, madre, parente, chissà se è madre. Forse nemmeno il nome è reale. Eloise ha il corpo giunonico, i seni grandi, i fianchi larghi, i glutei danzano, bella, giovane, con gli occhi neri intensi. Nuda è piena di normalità, di erotismo. A volte sento la sua voce che mi dice <<...amore!...>>. e la compagnia di una risata allegra dentro che m'illude: è preferibile l'illusione al nulla se sei costretto a vivere.        

settantatre 73

per ringiovanire Lei osserva due regole: mangiar pochissimo ed evacuare molto: convinta ad un certo punto di defecare anni

settantadue

l'amore: come abbia il carattere più astratto e illusorio che noi possiamo immaginare, su cui tutto si regga, così concretamente

settant'uno

l'unica verità di una menzogna, è che va detta con cura; nemmeno così, si è sicuri che funzioni...

martedì 6 agosto 2013

settanta

E scrivo questi versi del non creato non avendo nient'altro su cui gioire: è il senso della vita. Che a volte sfugge dall'impalcatura del buon senso. Tradendo l'ottimismo che necessariamente dovrei avere, per virtù, passione, amore, e invece non ho. E non provo. Non sento nemmeno giungere, attraverso i sensi, miei, sensibili, induriti dall'indignazione, non condivido l'opacità consueta delle menti; o la felicità divenuta consueta che vive nel canovaccio di ciascuno. E se anche la si vedesse apparire questa felicità, potrebbe farsi fugace e inesprimibile nel ricordo di seni nudi duri d'amore. Anch'esso fugace privo di vitalità, vivacità seppellita, come nascosta, celata, addirittura come mai esistita, se il piacere superficiale così rimane. Per rispetto. Che vien meno nell'intimo di ognuno si aggrega al sarcofago di preziosi falsi, cui teniamo, velato, da una tenda che c'illumina per nessuno, sino alla notte dei tempi, al regno dei morti, per libertà insulsa. Viviamo per amarci; noi che ci corromperemo non lasciando null'altro: un flebile ricordo, su cui nessun ricamo di nervi, sangue, carne, troveranno luogo.  

venerdì 2 agosto 2013

sessantasei

Tullia è intraprendente intimorita quando si avvicina. Assomiglia alla sua generazione, i fianchi larghi nudi non son larghi, avvolti all'abito attillato rosa, il pizzo nero. Giovane, guardinga, non si fida senza amore, gli altri possono essere minaccia. Di sé sorride; glielo fai notare esorcizza il timore, tranquilla indietreggia. Ripete parole per prender tempo, se è confusa dell'intrusione di quella confidenza che ho alonato in parole che scosta le certezze, nell'incertezza si riprende. Diffida, poiché non è convinta da ciò che prova risulta fragile rasentare l'amorevolezza. Allora le concedi un atto, che possa interpretare ed essere sicura che il mondo dell'inferno si dimentica di essere inferno concede grazie; poiché Tullia vuol piacerti, esaudirti nulla altro: morire è presto. Le vedi il sorriso non indietreggia stando nello squallore di quell'inferno. Solo così posso farcela sembra dirsi. Terminato ti lascia immediatamente.  

sessantanove

Verso Friburgo. La Bmw X8 nera con le marmitte di scarico cromate ognuna per lato, è parcheggiata a pettine nel parcheggio dell'autostrada. Dal baule aperto sbucano le valigie, di varie misure borse in pelle, qualche borsa di cellophane, tutte accatastate le une sulle altre in modo ordinato da formare un ammasso omogeneo multicolore e pare che tutto sia stivato come quando viaggi andando in un luogo per starci parecchio tempo, o tornando da un luogo dopo esserci stato parecchio tempo. La ragazza che armeggia col cellulare ha una gamba che fuoriesce dal sedile posteriore dell'abitacolo. Indossa una T-shirt scura con un disegno argento sul petto, veste jeans attillati, piccola di statura grassottella non armoniosa il viso dozzinale. Esce dall'abitacolo, si accende una sigaretta guarda il display del cellulare. Dal bar poco distante giunge un'altra ragazza anch'essa piccola dalle forme tonde, ricorda una persona che abbia a che fare con il circo o con il nomadismo. E' bionda tinta, curata nell'aspetto, veste jeans attillati, indossa una canottiera scura e sulla schiena s'intravede parzialmente un tatuaggio colorato. Raggiunge la vettura Bmw X8, parlotta con l'altra ragazza la quale scesa a fumare continua a guardare il display del cellulare, sino a che. S'interessa con lo sguardo a ciò che le va dicendo la ragazza che le parla: solleva lo sguardo. Nel farlo si ritrovano a guardarsi partecipi. Mentre la ragazza parla consuma lievi espressioni, si accende una sigaretta dopo aver chiesto l'accendino alla ragazza col cellulare in mano, con fatica glielo estrae dalla tasca del jeans attillati. Le due ragazze parlando, non prestano attenzione all'arrivo di un uomo col cane al guinzaglio. Il cane ha il muso da segugio svizzero il mantello marrone unicolore. L'uomo col guinzaglio sciolto in mano si avvicina al baule della vettura, attende. Il cane spicca un balzo ed entra nella Bmw X8, acciambellandosi in una nicchia laterale a borse e valige. L'uomo chiude il portellone del baule azionando il pulsante, nel chiudersi incontra la testa dell'uomo colpendola. L'uomo sorpreso si tocca la parte colpita guarda in direzione delle ragazze davanti alla vettura, che non si sono accorte di nulla e continuano a parlare. Il cane dal tergilunotto guarda il padrone e portellone chiudersi, restringendogli ogni azione costringendolo al suo posto. Tranquillo s'appisola. L'uomo colpito, indossa una camicia bianca, calzoni blu scuro estivi ed eleganti, si avvia al posto di guida tastandosi la nuca alla ricerca di un qualche effetto dal colpo ricevuto. Le ragazze vedono, si animano da dove stanno dialogando, si avviano prendendo posto sul sedile posteriore. L'uomo chiude la portiera, le ragazze chiudono le portiere, nel momento che si chiudono, la portiera di fianco al guidatore viene aperta gioiosa dal ragazzo che trafelato finiva la propria corsa giungendo dal bar: con un cenno vittorioso mostra agli occupanti della vettura una carta di credito ? Che stringe in mano. Che diavolo di carta sia, non si sa, ridendo si chiude la portiera. Il guidatore parla al telefono, innesta la retromarcia uscendo con la Bmw X8 dal posteggio, mentre il ragazzo con la carta di credito ? in mano parla con il volto rivolto all'indietro, spiegando una vicenda alle due ragazze che stanno dietro, sorridendo lo ascoltano, intervenendo e commentando con qualche frase l'accaduto. La vettura dopo essersi fermata in retromarcia, accelera potentemente verso la corsia dell'autostrada, se ne va.                  

sessantasette

Aurelie mi chiede di esser portata a casa. Dopo alcuni chilometri carichiamo la sorella, di cui non capisco il nome che mi bofonchia entrando in vettura. Aurelie s'imbarazza un po' vedendola alticcia. Mantiene la calma, s'irigidisce e una volta ripartiti mi indica la strada con un cenno. Aurelie ha il volto nobile, il temperamento spurio. Mi pare di capire che avrebbe desiderato mangiare una pizza insieme. Contava di chiedermelo poi l'attimo è tramontato, per via di sua sorella in quelle condizioni. Aurelie non mi ama, non l'amerei, sebbene i nostri sguardi siano intrecciati nel comprenderci di fiducia atavica; tra noi c'è un intendimento che non raggiungeremmo mai per cultura. Ci guardiamo chiedendoci com'è possibile che il caso, ci porti ad amarci: amanti ? forse più come fratelli, a volte mi pare di capire, abbia pudore. Aurelie sta con la portiera in mano in piedi fuori dalla vettura attende la sorella che sventaglia puzza di alcool, chiude la portiera con un sorriso mi ringrazia. Tempo dopo mi chiede  <<...è molto che non ti vedo...cosa hai fatto in questo tempo ?...come stai ?...>>.      

sessantacinque

Non ho l'età per suscitare l'amore, nemmeno la ricchezza per illuderlo. Tutto è troppo poco, di quel poco tutto è fasullo e s'impone. La vita pare insopportabile, la morte più plausibile. Non ho ragioni per trascinarmi, vivere la distanza e l'abitudine al non avere, ti scolla con la vita e le sue pene. Sarà inatteso, non dirò nulla, non vi sorprenderò se non sapevate nemmeno che esistessi.   

sessantotto

l'acqua nella sua vitalità che illude l'ape annegandola nella rete, di luci leopardate e ondivaghe, è in un sistema prestabilito dall'universo che rovinando lieve su di noi  nelle fecondità stabilisce, che la morte per quanto assurdo, sia vitale per chi resta.