domenica 20 ottobre 2013

centocinquanta 150

La mia verità, che ritengo sia essere presunta, è. Che il buon esempio; quello umano e riconosciuto come tale da sempre. Che avrebbe potuto, dovuto, essere la roccaforte per Lei, al suo interno. Dove avviene la vita svolgendosi, prima ancora di realizzarsi nella sua fattualità e  molteplicità di ramificazioni. Quell'esempio, non attecchì mai nell'imo.  Ma parzialmente come avviene a molti di noi. Sulle mura della nostra periferia umana, come un'edera rossa invasata. Lontana dal cuore. Cuore che per lungo tempo immaginò la possibilità del proprio sussulto. Memore. Di un'emozione simile o presunta simile, provata tempo prima. Ma in sostanza, l'esempio così vissuto come Lei ebbe modo di vederlo attuato. Nobile tra i due genitori, che viceversa non riuscirono a manipolarlo e nobile non fu,  non giovò. Per Lei. Se queste due persone che erano i suoi genitori, vissero stabilmente tristi, insieme. In quella postura del matrimonio che recita: fin che morte non vi separi. E la mancanza di quell'esempio, che Lei non ricevette, fu nel paradosso del cane che si morde la coda, la causa delle incomprensioni dei genitori, i quali non furono tra loro né partecipi, sussidiari, o amorevolmente flessibili. Richiedendo  una sorta di rigidità da quell'esempio, si, ma che fosse riverbero di malleabilità confortevole. Ma solo la rigidità, in verità emerse dal loro esempio. E così per Lei. Con la rigidità, che maturava per germinazione spontanea il resto del mondo dei sentimenti, che doveva essere compreso per poter germinare: fu travolto. Dalla quella tristezza e instabilità. Rigida e vivente in quell'esempio, che se fosse stato attuato con i criteri che esso richiedeva li avrebbe superati divenendo gioia. Mostrando loro come essere fari di notte e con la luce sulle acque torbide del mare, individuare il cammino. Che avrebbero dovuto percorrere. Raggiungendo la coerenza. Per propagarla a quel punto. Dritta e semplice come si poteva vedere nella sua impossibile difficoltà. Divenendo essi, testimoni di quell'esempio. Per tutti coloro che attraverso la vita frequentavano questo esempio, e che attraverso l'esempio frequentavano la vita. Non vi riuscirono; e l'esperimento mai divenuto esempio,  stabilì diversamente. Che ciascuno  singolarmente, rimanesse in solitudine ? e chissà come andarono le cose. Soli avrebbero percorso più cammino ? Ce lo si può auspicare. Ce lo possiamo dire. Avremmo potuto pronosticarlo. Eppure. Entrambi rischiarono. Pur di vivere insieme, rendendo sterile di amore l'esempio. E Lei in quella sterilità di esempio: nacque. E in quell'esempio maturò la sua repressa non vivacità per il mondo, e. Per conto mio. Mi venne da dire: che la faccenda fu complessa, accuratamente inquieta, ma quella matrice rivolta all'esempio, vale. Seppure non decollò. Più che altro sollevandosi, e cadendo. Per risollevarsi e ricadere. In un rimbalzo costante. Lei ne trasse insegnamento negativo. E come Lei, le altre sorelle che vennero dopo. Oppure l'esempio necessitava di sguardi adulti e di ermeneutica adulta per essere compreso ? Così infarcito di misere finezze per essere. Con cui l'uomo di qualsiasi tempo si approccia rude. Comunque la vita passò, per i genitori di Lei, e di quei figli che avevano generato nessuno trovò il conforto di quell'esempio e si dovettero accontentare. Come si accontentano gli animali che goffamente e sapientemente brucano l'erba nei campi. Osservandosi vacuamente di tanto in tanto attorno, sul mondo. Che non appartiene alla loro sensibilità, non avendo il sapore né l'odore dell'erba.
         
             

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