sabato 30 novembre 2013

duecentosedici

...che senso d'inutilità che mi pervade; svuotato e scarnificato nel profondo mi vedo al centro del mio essere; lì dove penzolano albe e tramonti e i giorni sono colonie di larve febbrili agitandosi indistinguibili l'una dall'altra, nella pietà dei miei occhi; la vita è un dono che non si raccoglie mai fino in fondo e il senso mi sfugge inesorabilmente appena lo interpello molto più di un tempo che avevo tempo: eroso. Iroso cavalco un passato remoto nel suo moto perpetuo così come lo percepisco; ma l'immanenza è totalizzante. Com'è difficile calibrarsi tra l'immortalità di un concetto  nella cancellazione delle parole che lo compongono; che senso di mortalità ogni mistero che non si svela, e che sgomento crea Dio dentro ognuno di noi davanti al trapasso riducendo lo scibile ad un silenzio muto e inarrestabile che comprime scagliandoci come schegge tra le braccia di chi non amiamo;  poichè a volte capita di credere più noi a Dio, che Lui a noi...  

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