lunedì 19 dicembre 2016

quattrocentonovantadue


 - Il reading di poesia -


Gli occhi tiroidei del barista salutano la poetessa etiope. La cuoca dal viso giovane brava nel fare i buffet per l'aperitivo li osserva nella sua camicia di voil, svolazza alzandosi afferra al banco una birra si rimette seduta con loro. I due tipi seduti al tavolo assorti nella partita di scacchi sono seguiti dal metronomo: l'ago oscilla nel tic tac. La cuoca osserva nel labiale un concetto che espone la poetessa etiope al barista con gli occhi tiroidei. Il tipo occulto entra al bar col fare occulto le mani in tasca si guarda attorno incrocia lo sguardo del barista minore gli dice in labiale " affè ò rappa " ( caffè con grappa ) osserva i due assorti dalla partita concentrati alla mossa sucessiva non gliene importa nulla di chi viene di chi và. La poetessa etiope sotto il riflettore degli occhi belli della cuoca spiega nel dettaglio al barista dagli occhi tiroidei che la serata ha intenzione di impostarla in quel modo. Il tipo occulto paga il caffè corretto grappa al barista minore, siede nell'angolo per leggere il giornale in santa pace, si toglie il giaccone lo appoggia sulla sedia. Il barista con gli occhi tiroidei si alza dal tavolino prende il borderò dietro il banco del bar, dice due parole al barista minore, torna, si risiede con la cuoca dal viso ovale la poetessa etiope. La cuoca e la poetessa parlottano per un po' ridono per qualcosa di buffo che il barista dice. Alcuni avventori dietro di loro sono divertiti dalle risate delle ragazze. Cheguevara col pipullo da arci gay dietroo la nuca, guarda con l'espressione antica di Robert Michum quello del film " La morte scorre sul fiume " con tatuate sulle dita della mano nell'una love nell'altra hate, dove interpreta il prete che vuole redimere la vedova, la uccide spingendola con la vettura nel fiume. La scena di lei in fondo al fiume con la capigliatura smossa dalle acque delle correnti profonde è strepitosa, simile per intensità a quella di Sogni, film del regista Kurosawa dove il vecchio con la barba bianca indossa la tunica bianca altrettanto bianca col viso stravolto ( mi ricorda Mosè o Gesù dopo aver incontrato il Padre )  scende correndo dal crinale montuoso. Immagini che nel mio mondo hanno un impatto eterno, cmq dov'ero rimasto ? che le ragazze ridono e Cheguevara col pipullo arcy gay le osserva compiaciuto. I due arabi laggiù discutono animatamente dei loro guai. La cuoca abbassa il volume della musica da Calvin Harris la programmazione è passata alla techno house tunz, tunz, tunz che ricorda offcine meccaniche della zona industriale. La partita di scacchi è terminata, in due mosse la Regina ha fatto scacco matto; con mosse rapidamente pensate uno dei due giocatori l'accompagnata con soddisfatta ilarità davanti al Re dell'altro, il quale silenzioso si è lasciato andare ad un borbottio con la Madonna; alzatisi allacciandosi il giubbotto i due in dialetto stretto tra battute moderate escono dalla porta. Il tipo occulto continua a leggere il giornale nell'angolo meno rumoroso. Cheguevara col pipullo da arci gay non c'è più, al suo posto al bancone del bar ci sono tre tipi di mezz'età dal viso anonimo. Il barista con gli occhi tiroidei torna dietro il banco del bar prende il computer portatile. La tipa con la cuffia ghepardata i capelli tinti di biondo viene avvicinata da un tipo dal passo poco rassicurante testa pelata barbudos occhiali a specchio giubbotto da motociclista e dal fare grossolano. La poetessa etiope apre la borsetta, la cuoca guarda il cellulare, il barista con gli occhi tiroidei muove il joistick. La tipa con la cuffia gheopardata bacia il tipo barbudos, si stacca briaca guardandolo negli occhi dicendogli ho voglia, beve il drink, mentre il barbudos eccitato come un somaro da monta la stringe al sè le dice una sporcaccionata all'orecchio, lei compiaciuta ride come fosse nuda. Il tipo legge il giornale: l'articolo dev'essere interessante se non è disturbato, i due arabi sul tavolino hanno accumulato una discarica di bottiglie, almeno una ventina di Heineken, quello più agitato ora ha le braccia conserte dorme, la prende comoda la chiusura del locale è all'alba, c'è tempo per la penichella dopo sbronza. L'altro straparla al telefono con uno che è strafatto come lui, bisogna dire che sia così, se nessuno dei due riattacca, continua a gesticolare in estasi come se pregasse alla Mecca o dopo un goal. Al bar gli avventori attendono il barista minore che sta shekerando un drink. Il matto del paese si posiziona la birra all'angolo del tavolino; la osserva ipnotizzato come fosse la Madonna con una lacrima che le scende dal viso, nel frattemmpo si strappa idealmente un biglietto per la sonnolenza, che lo fa piegare ad occhi semichiusi da una parte mantenendo la prospettiva sulla bottiglia non perdendola di vista; beve dal bicchiere, lo riappoggia si chiude in sè a braccia conserte come ascoltasse ribadisse ad un interlocutore in silenzio di fronte a sè. Issia Fussia Sarissia pavido parvenù, scarpe lucide, look nobile, cuore ignobile, l'espressione da subalterno, vive la superbia del filosofo neo liberista lavora sul massimo disimpegno per se stesso, il massimo impegno per gli altri, che nobilita quando sono utili al lavoro, una sorta di genio con lampi d'imbecillità, sfrutta coloro con cui ha relazioni: entra al bar. Incede tronfio edonista reganiano degli anni 80 cui è rimasto legato per mediocrità: vede gentaglia, pensa che l'immigrazione sia miseria ma anche opportunità, straccioni che se li fai lavorare li paghi una cotica ti dicono grazie, l'inconveniente è: se non li paghi ti puoi ritrovare con le budella in mano e onestamente non è bello nè da immaginare nè da vedere. Con l'espressione di chi soffre di stipsi compra un biglietto gratta e vinci aderente alla sua realtà dove il motto gratta e vinci gli ricorda che è una virtù. Raschia lo getta da perfetto pavido parvenù esce con l'espressione della labbra esangui. Un colpo di tosse il tipo all'angolo chiude il giornale guarda la porta vetri dietro al parvenù uscito; con lo sguardo cerca la toilette. La cuoca col viso regolare, si alza va al buffet, la poetessa la segue, sul piatto di plastica sorridono mentre scelgono gli stuzzichini, la poetessa torna al tavolo si versa il te nella tazza. Il barista con gli occhi tiroidei chiude il computer portatile si alza, la cuoca gli si siede di fianco, tutto dovrebbe essere a posto, l'accordo è stipulato il reading di poesia si fa, non prima di essersi rassicurati dicendosi " se c'è qualcosa ci aggiorniamo ".           

domenica 18 dicembre 2016

quattrocentonovant'uno



 - Mano de Dios -

A volte mi capita d'incontrare al bar di tendenza super eroi dalla postura compassata formale, donne vogue di fuori vaghe dentro, cannibali del relax, alle pause ai party sui tramezzini ci si buttano a pesce morto che puzza dalla testa ai piedi, altre, con l'espressione sussiegosa conosco tua sorella / tua fratella, col piglio pusillanime appiccicato al volto, col cervello swich off, quello da resettare praterie di sciocchezze, con spessori morali da contaballe, chi l'orecchio abbassato da fedele cortigiano, altri aprono il Suv col telecomando da decine di metri in stile narcos, figuranti d'autore per film psichiatrici di terzo ordine, jet set tra il 5 / 6 da piccola città di provincia, altri con garbo da punk gesuiti col cane nell'abitino trandy entrano al bar, divi locali con le penne da pavone a spigolo vivo, divi di provincia lustri come le mele al mercato, ed è certo, è sicuro, assodato se uno viene al bar di tendenza non ci trova mica gente col cordone da francescano che gli penzola dalla cintola, nemmeno col rosario tra i coglioni che ciondola tra un passo e l'altro, ci trova gente splendente brillante sin stucchevole che dà un senso prezioso e di decoro alla propria esistenza sul piatto dell'immortalità, in ogni caso genia piacevole cordiale che conversa con l'intensità dell'aria fritta le pieghe sviluppate di decubito nei gomiti, cristi senza fede, donne dispendiose, altere, ristrutturate d'insana pianta, oppure illetterati del genere colto dallo specchio servile vivono magie da circolo borioso; mentre sto seduto sullo sgabello design Bahaus, bevo birra lager come bevono gli hooligans prima di entrare allo stadio con i pensieri rivolti alla vittoria dei loro colori sociali. Viceversa ho pensieri di altra natura. Lieto con l'aureola che mi rincuora circola sulla testa a forma di giostra su cui la bambina con la gonna afferra il cavalluccio per il collo e mi sorride, o un'immagine più intima che mi riscalda il cuore: nuda si alza dal letto si dirige in cucina cerca qualcosa di sfizioso lo mastica tra occhi lingua respirandolo dal naso. A tavolino sedutomi di fronte, l'amico creativo non omologato al sistema: il pesce grande mangia il pesce piccolo, mi allieta l'umore narrandomi di famiglie nobili, aristocratici come fossero calciatori, superiori, inferiori, geniali, di classe, portatori d'acqua, brocchi, strateghi, leziosi, figli sciagurati, senza talento, super eroi con la puzza negli abiti come i Pakistani. Mi parla di arazzi fiamminghi, di stole, pettegolezzi, di chi fa l'amore con chi, altre volte della grandezza dell'arte, della piccolezza di tutti noi, mentre parla, interpreto parole, gesti, sino a percepirmi esternamente: mi giudico. Troppo di tutto, poco di tutto, mi correggo nell'essenziale. Del mio amico delirante con ipotesi d'equilibrio misurato rimango sempre incantato. Mi fa pensare che nella realtà si può dire tutto, di tutti; le parole nel corso dell'uso hanno acquistato una loro indipendente corporeità: del mio silenzio si potrebbe dire che non è altro che un delirio a spazi smisurati. Sarei capace di dimostrarlo. Altre volte m'ignoro, poi un'idea cestinata mi ricompare universale: il duello è vincente, con truppe della certezza la nebulizzo al nascere. Altre volte fuori da ogni concetto, con le piume mi deposito su miriadi di cose altrettanto volatili, per ricomparire in tutta la mia forza convinto di poter dire l'ultima parola da umano. Bevevo lager col mio amico sedutomi di fronte a tavolino, mi alzai pagai il conto. All'uscita voci brusii del locale si allontanavano, camminando inghiottito nel silenzio della natura dormiente, alberi, vetture, semafori lampeggianti, percepii al buio la scintilla d'amore nella mano de Dios, la quale mi raccolse rendendomi invulnerabile in carne ed ossa.  


* Precisazione su quello che ho scritto:


" Donne vogue di fuori, vaghe dentro " è una battuta umoristica in una striscia del fumetto Andy Capp disegnato da Reg Smithe.
 

Tempo addietro conversavo piacevolmente col mio amico dalle capacità utili / entusiasmanti, come un sacerdote laico in camera caritatis mi si avvicina confessandomi: << non hai idea di quanta gente sia fuori di testa, Dio mio, li ascolto e non so mai che faccia fare !? >>. Sebbene il mio amico dalle capacità utili/ entusiasmanti non sia quello del racconto, mi è venuta l'idea di scrivere qualcosa di pungente a tema. Niente di personale nei confronti d'una categoria di uomini e donne, semplicemente un palcoscenico di attori casuali da descrivere in  toni satirici / fumettistici.

Satira: dal latino satura lanx. Vassoio di primizie in offerta agli Dei. Genere caratterizzato dalla critica alla politica e alla società.
    







domenica 4 dicembre 2016

quattrocentonovanta


 - Va mo là -


La rezdora parla accalorata dei regali di Natale. Gesticola con fare repentino, non li vuole. Preferisce farseli da sè se ne ha bisogno, i regali son fatti per piacere se non le piacciono non li vuole. Al marito fisso alla videata del cellulare senza pudore gli ricorda, non rimproverandolo che lui: non spolvera, non lava, non stira, non sa fare da mangiare. Rivolgendosi all'amica, le dice che l'ultima volta che le ha fatto un regalo ha speso un sacco di soldi per delle rose. " Roba da fare ? Era inverno, dove le metti le rose ? al freddo ? due giorni, i boccioli sono cotti, durano poco in tutti i casi, dove le metti muoiono ". Il marito col volto da natica smagrita tende le labbra nel sorriso, la litania lo diverte; la rezdora humor aggiunge di non ridere, ridendo. L'amica chiede se stò povero marito non ha delle qualità. La rezdora elegantemente risponde che il marito l'unica qualità che ha, è nella firma; non pare nemmeno sua. Ride della battuta si stempera chiede all'amica se suo marito che non dice niente e le è di fianco, è vivo o morto. Silenzio. Poi ridono di nuovo, parlottano dei foulard che hanno al collo; li hanno comprati in sconto allo stesso negozio all'angolo " un vero affare no ? " La rezdora houmor riprende le redini in mano. La tavolata di amici non la sta più a sentire. Alza il volume della voce, annuncia che a pranzo cucinerà il cotechino col purè e fagioli. Alle figlie distratte anch'esse dal telefono aggiunge che diversamente se il pranzo non è di loro gradimento " andate poi a mangiare al ristorante, va mo là ".  

sabato 19 novembre 2016

martedì 6 settembre 2016

quattrocent'ottantasette


 - Un luogo da hippy -

Scendo la strada si apre la baia vicino ad un piccolo promontorio: arroccata come una conchiglia fusa alla roccia, la cittadina. Il mare pieno di kitesurfing trainati col filo dagli aquiloni in cielo; sulla spiaggia la gente indossa la tuta da sub prende la tintarella, un tipo conficca nella sabbia l'ombrellone lo apre, si lega la corda alla caviglia - recupera surf - lo spinge in mare gli alza la vela, il figlioletto guarda la manovra, il cane scodinzola annusa qui e di là scompare tra le biciclette, chi con la vela su un tavolo improvvisato armeggia con le chiavi da lavoro, chi cerca un attrezzo nel baule del camper. Parcheggio a pochi metri dal mare, la spiaggia è breve. Di sera la risacca bagna la luminosità delle stelle, il mare color del petrolio si culla brillando nella pupilla di ogni sguardo. Il tipo con il furgone wolkswagen westfalia con la veranda di fianco i calzoni da frichettone le babucce i capelli lunghi sfilacciati ascolta un pezzo reggae. Dopo qualche decina di minuti, capisco che non scherza: gli piace il raggae per davvero. Le canzoni sono già parecchie da un po': le ascolto abbastanza volentieri, seguo la ritmica sempre quella all'inizio tump ta tap tump ta tap e via col brano che è sempre la stessa solfa: non mi lascio andare alla ritmica nemmeno con i piedi per non sollecitarlo. Come non detto. Il tipo non so perchè, fino a quel momento non dava cenni di ossessione, tira fuori il bongo, si mette ad accompagnare i brani reggae. E' capacino, non storpia i brani nemmeno ci canta sopra. Come non detto. Evidentemente si rulla su un cannone di troppo, inizia a cantare come una rana, sbaglia il tempo sembra un cane che corre con la catena che gli fa scintille sull'asfalto: ta ta tu tump, zamp tap zu zum traapatà,  non capisco chi canta la canzone, il ritmo la stessa canzone: il cagnetto gli zampetta tra le gambe abbaia intonato più del bongo e della canzone che sta cantando con voce roca alla Tom Waits, mi vien da dire" ste par de p..." Gli è scesa la catena. Pare di assistere alla diretta radio di un sabato notte reggae- drum-base - dal centro sociale del Leoncavallo di Milano: nel frattempo è venuto mezzanotte. Il tipo non si dà pace, beve per rimanere lucido è tutto un dire, vuol dimostare a se stesso che è un ottimo accompagnatore col bongo e bongheggia come un ossesso su tutti i rumori che la sua testa gli dice da stordito sente. Per farlo smettere scelgo dalla mia discografia un pezzo da contrastare l'invasione ossessa del reggae alla marinara che col bongo non mi fa dormire. Thunderstruck degli Ac Dc a manetta, nel frattempo canto anche Faccetta nera / sarai Romana la tua bandiera sarà sol quella Italiana / noi marceremo assieme a te / e sfileremo avanti al Duce e avanti al Re /. La và o la spacca: ci litighiamo, non se ne parla più. 
         

domenica 4 settembre 2016

quattrocent'ottantasei


-I motociclisti cecoslovacchi -

Compaiono a caschi bianchi sull'asfalto, mi superano nella corsia di sorpasso vestiti da motociclisti, in piena velocità rilassati sul cavallo di acciaio si accostano l'uno all'altro, accelerano decelerano nella corsia cenrale, parlottano a gesti, espressioni con le mani guantate, qualcuno annuisce con la testa bianca del casco, il fazzoletto da cow-boy sulla bocca, il giubbotto nero; sul portapacchi ognuno ha la tenda arrotolata, le solite cose che ci si porta quando si dormirà all'aperto in ogni luogo di mare. All'unisono come un nugolo di vespe nere virano nella corsia di sorpasso, all'inseguimento del tempo penetrano la luce del tramonto che compare davanti a noi, superano il sole deviano a gran velocità scendono in direzione del ponte, vedo laggiù che congiunge la terra ferma all'isola. Si dileguano sul ponte, lampi fulminei sulla corsia di sorpasso ripiegati a piloti degli anni 70 sulla loro moto da corsa.   

quattrocent'ottantacinque


- La ragazza americana-

La ragazza americana con la chioma bionda indossa il cappello di paglia col fiocco annodato a numero otto di tessuto ecrù. Il costume un bikini nero col reggiseno blu sulla pelle chiara; sceglie il luogo sulla spiaggia, stende il telo mare, la borsa intrecciata di canapa rigida semi aperta dove un telo piegato emerge, si corica, rovista nella borsa, toglie il telefono cellulare, si scatta un selfie spalle al mare, lo ripone nella borsa. Dopo qualche ora di abbronzatura sdraiata, seduta col sorriso si ravvia la chioma, si aggiusta il cappello, guarda il mare abbracciandosi le ginocchia. Vede l'infinito, contempla i propri pensieri, li medita: un pensiero, un desiderio, una soluzione, un dubbio, la realtà delle proprie dita del piede infilate nella sabbia, calda in superficie, tiepida, fresca in profondità. Paiono conchiglie di carne, unghie dal fiore vermiglio, compaiono scompaiono in un gioco divino. 

quattrocent'ottantaquattro





- Non è avvenuto nulla di chè -


Se il caffè lo desidero servito al banco o al tavolo seduto. Rispondo seduto, cambio immediatamente opinione, quando vedo che la barista prende la tazzina di polistirolo la mette sotto il gruppo del caffè, per servirmela al tavolo. Tazzina di porcellana a banco, di polistirolo al tavolo. Mi affretto a dire che il caffè nel polistirolo non lo gradisco, preferisco la tazzina in porcellana. La barista mi risponde che è troppo tardi. Per farle capire che il caffè è una scelta individuale, rito, per chi lo ama, le dico che pago il caffè nella tazza di polistirolo anche se non lo bevo: me  ne fa un'altro nella tazzina in ceramica. Interviene un avventore a banco dallo zelo misurato che pare interessato, immagino di chi si trovi in borghese nel luogo in cui lavora, per dirimere la questione: con garbo alla barista rigida fa segno di servirgli il caffè nel polistirolo, accontentandomi come cliente. L'aiuto barista che serve misuratamente i piattini ai clienti, le relative tazzine di polistirolo o di ceramica a seconda della scelta del cliente di dove stare, stordito dalla querelle del mio tuo, mio tuo, suo a chi lo do sto caffè a questo a quello ? visto l'intervento dell'avventore in borghese disposto a bere il caffè nel polistirolo,inizia a guardarmi, come fosse un condor delle Ande piombato sul cornicione di una casa in periferia tra via Sabotino angolo Venturelli; sbircia la barista fosse vestita da sorella di Satana, l'avventore in borghese che gli pare possa risolvere la questione ingarbugliata gli vede la tunica del Santo, nello stordimento dell'alleanza con l'avventore in borghese con cui forse lavora, si sente straniato: tazzina del caffè in mano la testa che gli gira, la mia la taglierebbe con un'accettata; mi si avvicina insicuro col timore di sbagliare, se lo riprendo fa una figuarccia da tonto che rimane, con la luce d'un'occhio accesa risponde a ordini contrordini della sorella di Satana, nel frattempo l'avventore in borghese che ha maturato la sensazione di aver fatto il passo più lungo della gamba, non vuole intromettersi più del necessario, la situazione da imbarazzante sta montando antipatica comincio a sfoderare un linguaggio tra il tagliagole e l'ergastolano. Con accenni spazientiti di chi vuole mollare i cavalli per sacramentare un campionario di Madonne variopinte che fanno vergognare chiunque sdegnandolo: arriva un terzo cliente. Con sorpresa appena fa cenno al barista straniato ordinando un caffè, il barista si risveglia servendoglielo immediatamente. La barista sorella di Satana si rende conto di aver acceso una miccia a fiamma rapida, la rigidità della suo modo di porsi col cliente nel qual caso io, ha creato una sostanza senza nome, esplosiva innescata negli avventori uomini, ha generato un vespaio sulla testa di tutti, guerra non voluta ma inevitabile cui non si trova rimedio. L'astio impalpabile della situazione irrimediabilmente che sfugge mi ha indispettito, straniato il barista, l'avventore borghese ha maturato un senso di colpa, il terzo ignaro il caffè se lo sorbisce col groppo in gola immediatamente subodora la tensione che vibra nell'aria, con la sensazione di essere sorvegliato dalla spada di Damocle che gli scende sul collo; arriva il quarto avventore tranquillo come un Dalai Lama che ordina il caffè. Nessuno gli chiede se lo beve a banco, a tavolo, se desidera la tazzina di porcellana di polistirolo. Un Deus ex machina deve aver sostituito la barista sorella di Satana con un'altra, la quale con garbo, gentilezza da non militante, mi serve finalmente il caffè nella tazzina di porcellana assieme al quarto avventore tranquillo come un Dalai Lama il quale al tavolo sorbisce il caffè moderatamente bascula lentamente la tazzina in bocca riflettendo ai casi suoi, silente percepisce il movimento della gente a fare il bagno o prendere la tinatrella.  L'avventore in borghese si è defilato nel corso del bailamme imbarazzante, l'avventore che pensava alla spada di Damocle scomparso, l'avventore Dalai Lama seduto al tavolo legge una rivista. Il barista straniato dalla confusione guarda l'orologio si toglie il grembiule finisce il turno di lavoro. La barista sorella di Satana sostituita, fa capolino da una porta di servizio mi guarda ed esce. Tutto si dissolve come nulla fosse avvenuto in un bel pomeriggio di sole. 

domenica 3 luglio 2016

quattrocent'ottantatrè

 Pulp :)

Ronnie Kippa è seduto al tavolino per mangiare l'amburger, esco dal bagno non mi riconosco. Sono sdoppiato, colui che vedo è Zen, eppure sono qui. Sento di essere gemello monozigota. Mi siedo con Ronni Kippa discutiamo delle muse che son tutte, tranne nostra madre. Poi il discorso cambia si fa più profondo, discutiamo della trama di Star Wars, su cui non siamo d'accordo. Lasciamo perdere gli atriti tra noi, insormontabili. Discutiamo di cibo, ci infastidisce come l'amburger sia preso di mira dai dietologi, intellettuali, mentre li mangiamo con voracità gusto, mandiamo a quel paese l'intellighenzia a imprecazioni come raccomandazione; siamo nella Nazione in cui la raccomandazione è necessaria per tutte le attività; sorseggiamo la birra a doppio malto, ruttiamo in coda da animali del sabato sera con gli occhi lucidi di alcool. Per magia mentre mi avvicino, la barista che serve le birre assomiglia a Wanda Flintstone, viceversa da lontano seduto con Ronnie Kippa le vedo nel cranio una stalattite fissa come bandiera americana sulla Luna, appesa al soffitto del cranio una stalagtite retta dal filo d'acciaio è semaforo all'incrocio. A terra lo spartitraffico tratteggia di giallo la modernità. Vestita da sposa come manichino nel negozio di abiti da matrimonio, ride a crepapelle della famiglia Flintstone di cui fa parte. Tradisce il marito durante la festa d'inaugurazione che le autorità presiedono svelando la statua della fertilità ai cittadini, chiamati così. Un somaro in maglia da supeman dalla virilità priapesca cui si legano monili oggetti apotropaici per allontanare la sfortuna ed evocare il piacere, fissa alla statua la targa che recita - questo si che è superuomo -  L'islam contrario alla democrazia che offende, invia una fatwa. Dalle autorità viene indetta una conferenza stampa per cercare di spiegare ai cittadini il perchè si deve demolire la statua appena inaugurata. La ministra indossa il chador, ama il burqua, nel suo guardaroba conserva il niqab, regalatole da una sguattera emancipata dell'Islam: non sà che pesci pigliare si consulta con un'amica prima del discorso ufficiale, la quale le consiglia di prenderne uno a caso tra i vari Imam, dopo avergli alzato la veste ne colpisci uno per insegnare a tutti, ammorbidisci la posizione integralista e lo distendi. Come sempre le donne sanno il fatto loro e sono convincenti, anche l'uomo stupido comprende l'arte dell'eros. La guerra di religione è fuori da ogni problema. I cittadini possono continuare tranquillamente a credere alle favole, alle sciocchezze, ai maitre a penser che fingono di pensare, i cittadini d'essere cittadini con le ragioni dell'asso sotto strozzo, al gioco della briscola, artisti di essere unici ecc. L'importante è consumare. Apro gli occhi, mi pare di avere avuto un incubo di cui non ricordo un gran chè. Guardo l'orologio sul comodino sono le 05:10 del mattino tra poco suona la sveglia. Rimango con gli occhi aperti sul letto, guardo il silenzio sui tetti delle case, le antenne, gli alberi, i balconi, le finestre aperte dal caldo, si muove sulle superfici lieve l'aurora in penombra, la vettura accende il motore nel cortile del condominio a fianco; penso che d'inverno la cosa che faccio appena sveglio sia recitare preghiere, creo un vortice, che mi fa sorridere e di cui non sono consapevole. D'estate quasi mai, però mi curo di non abbandonare quel fuoco che arde e mi consiglia la preghiera prima di uscire. Mi alzo cerco il fresco del pavimento in marmo, cammino a piedi nudi. Preparo la colazione.   
           

quattrocent'ottantadue

 Pastiche :)

Via Paolo Guaitoli, detta via della catena: campeggia nella bandierina da tramezzino la scritta - dwarf - sul cappello dello gnomo, porta in braccio la fortuna bendata da cima a fondo sul cucuzzolo: un glande al termine del piletto unito dalla catena spessa d'oro massiccio, all'altro piletto. Nottetempo un uomo tenta d'impadronirsi della catena rimane fulminato. Un secondo anch'egli fulminato come il primo si trasforma in oro. Altri uomini rimangono abbagliati dall'oro vengono fulminati, donne, bambini, vecchi, pensionati, ragazze, piazza Martiri brilla di statue immobili d'oro di gente fulminata. Si forma il popolo d'oro che estingue la generazione futura in men che non si dica. Maradona ricciuto, detto: pibe de oro guida il tre ruote sulle strade delle isole Eolie poco distanti dalla piazza irrompe da venditore di cocomeri col megafono invita ad assaggiarne una fetta. Li trasporta impilati a piramide sul cassone dall'Apecar. Dallo stereo le note escono per le orecchie del popolo d'oro che non ode la ritmica dei Chemical Brothers tantomeno la voce di Maradona. Fumo un sigaro che mi offre Virgilio sceso dalla moto da trial, osservo la piazza d'oro. Maradona come al mercato tra uomini immobili e lucenti, col megafono strilla la bontà delle sue cocomere. Arriva in contemporanea l'occhiale da sole con le lenti verdi dietro il viso di William Burroughs: guida la jeep piena di casse di Whisky, Bourbon del Kentucky, incurante e freddo, lancia biglietti da visita ne raccolgo uno. C'è scritto - killer is my name - mostra con orgoglio il fucile di platino a canne mozze, gli dico << è ottimo >> Virgilio annuisce mentre distrattamente impegnato come al solito, toglie la stella nera sul casco bianco, William apre il gabardin, all'interno minuscole tasche dove trovano posto le siringhe, lacci emostatici, cucchiaini, tutto il materiale per iniettarsi cocaina, dalla jeep scendono altre persone che non avevo scorto, tutte dicono di chiamarsi, Jack Kerouak. Uno di loro, mi consegna un romanzo che non ha pubblicato, l'incipit della trama inizia così. " La corsa di traditori scherani tentano la fuga impossibile, urla miste gioia del popolo, morti scomposti mostrano le viscere fuoriuscire dai corpi impiccati, la pietà abolita, ogni stirpe bastarda massacrata col favore del cielo, il sangue scorre puzza di ferro, trascina l'umanità cadavere, bocca priva di respiro per chi ha premiato la dittatura; chi mostra le vergogne appeso al palo, soffoca chi legate le mani ingoia denaro avvoltolato, l'asfissia è lussuria risa a spirale di serpente, l'eco sale, le trombe risuonano dalla scala magica impietosa, la dittatura spoglia, nuda, annientata, litri d'oro fuso bevuto dalla mediocrità fuori dal petto, braccia carbonizzate private del corpo, cumuli di denti, mandibole, teschi dalla calotta segata riempita di terra seminata innaffiata, immediato il germoglio di centinaia di garofani in camicia nera, a migliaia ricordano la libertà, l'identità, la lingua, le radici, la Nazione ". Jack Kerouak monta in jeep. Il futuro lo branco al volo nelle ali d'un gabbiano. Gli lego le zampe con filo argentato, lo ribalto tenendolo a testa in giù come un gallinaceo acquistato al mercato, con l'operazione chirurgica gli innesto due orecchie umane, foro i lobi per chiudere la clip di due orecchini, diamanti provenienti dalle miniere del Sud Africa durante l'aparheid, col sangue della rivolta abbevero gli altri gabbiani, si nutrono in discarica. Virgilio chiacchiera con Budda Disilluminato entrambi sotto la coltre buio sagomato ridotto a donna malefica. La ignorano come un riff di chitarra ignora il rullare di batteria. Maradona palleggia con un cocomero che si spappola a colpi di punzone. La jeep guidata da William Borroughs col gabardin gli occhiali da sole dalle lenti verdi, scompare all'angolo di via Berengario. Jack Kerouak scarica la bicicletta dalla jeep, un mazzo di garofani legati al campanello, saluta le statue d'oro irridendole in napoletano ad alta voce in modo che tutti lo sentano dice << appèn aò vìrìmm ce nè fùimme >> ( appena lo vediamo ce ne fuggiamo ) mi chiedo: a chi può essere rivolta una frase del genere ? non alle statue, che pur irridendole, le mette in guardia da una seccatura. Detta la frase come pazzo oracolo si dilegua pedala in tutta fretta, torna nel regno dei morti. Apro gli occhi al trillo del campanello. Rispondo al citofono, è Caterina Lisieux. Mi chiede se andiamo al cinema avedere il film dei f.lli Cohen le rispondo di si. Caterina mi rilassa, ho voglia di vederla, e mi dice << mi son detta chissà se è in casa Zen  ?>>.


       

giovedì 30 giugno 2016

quattrocentottant'uno


 Kitsch :)


Salgo su centinaia di scalini raggiungo la cima della Torre della Ghirlandina, la stanza dei Torresani. La mattina è fresca luminosa. La donna siede sulla lastra retta da due volute di marmo. La maschera comunale che lavora, risponde in lingua Francese alla turista. Dalla trifora la veduta della città sulla catena montuosa a sud è una meraviglia, quella a nord altrettanto, viene alla mente la poesia che studiai a scuola "dall'Alpi alle Piramidi dal Marzanar al Reno ". Virgilio rotea la chiave 38 wanadium sulle dita: pare un giocoliere distratto, seduto sulla panca simile quella dove la straniera sta seduta. In Piazza Grande minuscole vite scompaiono sotto il portico. Alcune finestre della Ghirlandina hanno le grate esterne con la pancia alla base stringono verso l'alto, ricordano la dolcezza e l'eleganza di donne incinte. La turista legge un libro con la copertina di cartone da best seller, Virgilio in piedi osserva l'orologio del municipio 11: 05. La maschera comunale legge la partitura del libro suona 4:33 di John Cage. Virgilio sul trono in pietra mostra ad un pubblico che non c'è dei cartelli bianchi in successione, alcuni hanno la scritta d'un testo di una canzone scritta da Bob Dylan, li legge ad alta voce gettandoli all'aria disordinati come carte da gioco. Incontro David Guetta sale con la faccia da schiaffi gli inzuppo i pantaloni di benzina vi appicco fuoco, è torcia umana che sale con le cuffie da Dj in testa. Scendo le scale i torresani bivaccano fanno la guardia dormendo come nella trama di un film del medioevo dove i nemici nottetempo entrano nel maniero. Scendo i numerosi gradini esco dall'uscita. Entro al Duomo di fianco, ogni fedele che incontro indossa l'abito di carta comprato in botique imbrattato col penarello di scritte, prega libri di legno con l'elefante in rilievo sulla copertina a la proboscide sollevata che augura memoria. Su ogni abito leggo " quelli che non meritano, hanno il cuore fitto d'aculei di porcospino, sono tenie con la coda " Esco con l'angoscia, trasformato mi muovo da bovino con la stazza, scaccio le mosche con la frusta della coda, scaccio i pensieri dal fiele. Al secondo piano l'ombrellone bianco sul terrazzo al sole, bacia la fortuna bendata in bronzo, guasta le vite altrui. Sul campanello la data di scadenza. Il foglio è arrotolato a pergamena antica nella mano, il portaborse cammina sveltamente lascia la piazza, sale in automobile, la guardia del corpo chiude la portiera. Pezzato ed enorme, pascolo nella piazza, con gli occhi bovini mi scanso mentre mi suona la vettura della guardia del corpo, senza fretta col campanaccio al collo, lo guardo mi scanso, mi dirigo al bar, lo spuntino è nella mangiatoia. Passeggio sotto il portico, vado all'edicola chiedo una rivista, l'edicolante è orbo, da animale non riesco a capire quanto costa la rivista me ne vado. Ascolto col cuore le parole della gente che incontro, il cuore non ha colori, l'unico profitto che persegue è il battito successivo, il battito sucessivo è dell'imposta mentre svolto nel centro storico, si apre, gnola ai colpi del vento. Sotto vi è la porta chiusa. All'interno gli ospiti del palazzo, il salone, la tavola è imbandita da terroristi militanti che mangiano / bevono / mangiano / bevono / storditi, l'asola della camicia non trattiene il bottone che esce sull'ombelico: i kamikaze con forchetta coltello mangiano sino a scoppiare: muoiono da martiri a tavola. Ai martiri vanno le vergini, ne danno 72 ex vergini per ciascuno non si è trovato altro con questi numerosi kamikaze della tavola che s'immolano diventa difficile fornire delle vergini di primo pelo, comunque la revisione è in ordine, il curricula pure, il controllo iso 2001 anche, con timbro certificato " gallina vecchia fa buon brodo ". L'unico inconveniente le vergini son vegane e vegetariane. Lo Spirito Santo alla tavola dell'Hotel Limbo dove alloggiano martiri e vergini con sauna palestra piscina per colazione mette sul tavolo filoni di pane, salame ferrarese. Al mattino l'Hotel si trasforma in casa psichiatrica. Girovagando con le sporte della spesa che ciondolano dal giogo, mi riconosce da lontano anche se son travestito da mucca Svizzera. Budda Disilluminato ha il calzone corto, le ciabatte, la t-shirt Chicago, il cane al guinzaglio mi si avvicina, alza la zampa per urinare sul portabiciclette, Budda Disilluminato declama << gira su ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando ( s'inceppa prende fiato ) sta il cacciator fischiando / su l'uscio a rimirar / tra le rossastre nubi / stormi d'uccelli neri /  poi non me la ricordo sai di chi è ! ? >> boh << ignurant , Carducci ! >>  << il San Martino di Carducci ! >> << non l'hai studiata a scuola ? e tu saresti un Poeta ? >>  gli rispondo secco ruminando << perchè Ibrahimovitc deve sapere la storia del calcio per giocare a calcio ? >> a Virgilio vestito da ultras, dico << sono abituato agli eroi classici, nullatenenti, con parole d'avorio, l'anima in calcestruzzo, non versano mai sangue, ballano come foche, tengono la palla in equilibrio sul naso: delle parole di Budda Disilluminato non me ne importa un fico secco. >> Ci allontaniamo, sbuca un meridionale dal viso rubizzo pancia calzoni corti sigaretta tra le dita guarda Budda Disilluminato gli dice << nà mazzata in capa attè sto cànnemmerda >> mi sveglio: mi stropiccio gli occhi non riconosco il letto in cui sono, non capisco dove mi trovo, la ragazza che mi dorme di fianco è nuda, non ricordo il nome, mi chino su di lei, le infilo tra le cosce il naso, sniffo l'odore d'intimità stordente, mi fa tornare in me: non è sufficiente. Le donne hanno la capacità di farmi perdere il senso dell'orientamento per il solo fatto di essere la grande promessa che il più delle volte non si realizza. Mi vesto alla chetichella esco dalla casa immersa nel giardino, accarezzo il cane che continua a dormire pur vedendomi, evidentemente mi conosce, scavalco la rete m'incammino sul marciapiede il traffico di mattina presto è sonnolento. Ho delle chavi in tasca, sono di una vettura, mi guardo attorno, i parchggi a pettine sono vuoti, forse i pantaloni che indosso non sono i miei, le chiavi infatti non le riconosco, cerco una vettura che non è la mia. Ho l'impressione di essere in un corpo non mio, è il solito scherzo dello spirito. Vivo nel corpo di una altro, se mi specchio non mi riconosco, se mi chiamano non rispondo, ci metto sempre del tempo prima di capire chi sono e di recitare come nulla fosse la parte che lo spirito ritaglia per me. E' un gioco, muoviamo i pedoni come negli scacchi. Funziona da sempre, ci canzoniamo amabilmente come due aristocratici dispotici ed irrequieti ragazzini, finchè esausti non perdiamo la pazienza, diventiamo spigolosi.            

domenica 26 giugno 2016

quattrocent'ottanta

Dandies :)

<< la società non prova pietà nè misericordia >>  l'assunto è stampato su cartelloni pubblicitari ai lati dell'autostrada prima dell'entrata allo stadio. La fierezza del volto sugli spalti sono di morti sepolti resuscitati visitano la società nel suo insieme, immobili assistono alla partita di calcio. Dietro la stadio un orto tra le montagne pulsa verzura come cuore nel petto, si spacca in formule algebriche di mille pezzi frantumati. Dalla fontana al crocicchio ammiro il novilunio in cielo sul capo reggo un telescopio d'ultima generazione. L'acqua nella fontana incide, l'ombra guizza svelta. Sono a Bologna. Riprendo la rotatoria la prima via a destra, mi son perso, la segnaletica non aiuta. La periferia di sera rinfresca gli uffici dalle finestre aperte nei palazzi in vetro, le insegne dei negozi illuminano scorci di strada puzzolente dallo scarico di vetture, la fermata del bus è una pensilina illuminata. La donna seduta attende il numero esatto. Ragazzi camminano in gruppo vicino al ristorante. Luci e musica. La porta si apre, una donna di colore esce col vestito bianco. Due ragazzi del gruppo la chiamano. Scuri come la notte che incede, le loro teste si stagliano contro i colori tenui del fondo. Il tramonto si dà da fare per chiudere il sipario del crepuscolo, la silouette di teste nere parlotta tra loro. La donna si volta al richiamo dei ragazzi, li riconosce si avvicina, sorride. Passo con la vettura non vedo se la donna dal vestito bianco li bacia, firma un autografo, siano amici o figli. I grattacieli si voltano verso il sole che tramonta: tanti girasoli dai petali di specchio nero. Non riconosco la strada, nemmeno il quartiere, la vettura piccola degli anni 60 ha sul portapacchi una fune con cui lega il busto di Benito Mussolini, svolta si dirige al sottopassaggio e scompare. Il cartello dell'autostrada mi indica la direzione. Un uomo ricurvo sul cane al guinzaglio, controlla lo zoccolo sotto la zampa. La fortuna compare nei fori del ferro con cui sono suonati dalla tromba. Il nugolo d'insetti capofitto all'aria esce dall'astuccio della donna seduta ad attendere il bus col numero esatto. Il marciapiede è palcoscenico per qualche cartaccia arrotolata che si muove. La suburra nella prospettiva si aggancia al palo, il night club di fronte è ancora chiuso. Porto l'effige del mio amore tra i capelli ne conservo il volto imbalsamato rimpicciolito nelle treccine rasta che mi vedo dallo specchietto retrovisore. Parcheggio la bicicletta da corsa convinto di aver sempre guidato sino a qual momento una vettura. La chiudo col catenaccio. Al buio mi dirigo all'entrata del film Fuga da New York, alla guida della vettura parcheggiata c'è Isaac Hayes che in labiale mi canta Shaft << who's the black private dick / that a sex machine to all the chicks ? / shaft, you're damn right who is the man >> non capisco una parola di quello che mi dice gli mostro il dito medio. Salgo in ascensore sino all'ultimo piano del palazzo di vetro. Entro nell'ufficio. Nettuno possente, col forcone siede sullo scranno disegnato da Armani / Dolce Gabbana la patina d'argento spalmata sul corpo mi ricorda il cantante dei Rockets al concerto che vidi al Picchio Verde di Carpi nel 1979: rido, ma cambio idea appena mi guarda. Aletto / Tisifone / Megera: le Erinni nude sedute a gambe accavallate come dame al ballo della quadriglia, attendono che l'orchestra suoni la mazurca, nel frattempo discutono della spiaggia di nudisti a Creta, guardano le mille luci della città e della periferia voltandomi le spalle con il drink in mano. Tisifone la peggio esteticamente delle tre mi domanda se desidero un Drink ol Gazpacho. Accetto il Drink chiedo il Brooklin Bomber con tequila / curacao / cherry brandy / galliano / succo di limone / mi risponde << si beve quel che c'è ! >> mi allunga una Tassoni / Aperol la fetta d'arancio a bordo bicchiere. Penso che siano divinità rimbambite in più eccentriche. Istintivamente cerco il coltello per tagliare cruentemente il cordone ombelicale. Il trillo del telefono mi sveglia apro gli occhi incosciente rispondo: è quella della compagnia telefonica che mi telefona dall'Albania per fare i miei interessi. Mi propone una tariffa vantaggiosa. Ascolto, le dico che ha telefonato nel pieno di una veglia funebre: se vuole può parlare col morto, io non sono altro che un umile becchino.                      

domenica 12 giugno 2016

quattrocentosettantanove


Conocybe :)

Vedo da lontano un tipo che pare Virgilio vestito da Drag Queen: ci avviciniamo. E' lui. Non ci posso credere, la chiave wanadium 38 argento infilata nel tanga; mi riconosce, si avvicicna, mi allontano, si avvicina con decisione, mi allontano un po' più di fretta,Virgilio accelera, chiama il mio nome, mi si drizzano le orecchie come al fischio il cane, sentire in bocca ad una Drag Queen il mio nome mi getta nel panico, raggiungo l'angolo. Svolto via Lincoln. Il sogno non interviene con la censura; semino Virgilio col turbo terra / aria sotto le scarpe, svolto l'angolo me lo ritrovo davanti: parrucca viola, semi nudo, nel tanga la chiave 38 wanadium d'argento infilata, reggiseno, mi allunga il biglietto da visita con scritto Roxanne: è disgustoso con la mania d'indossare abiti femminili. Guarda sorride, sono imbarazzato, dice << il sogno sarà anche tuo, ma come vedi riesco a muovermi come fosse mio >> gli dico << già ! ? >> continua << non puoi fuggire dai tuoi sogni, oppure ti perseguitano >> Apro gli occhi, il senso d'angoscia mi toglie il sonno, ho la certezza d'avere occhi spenti ed infuocati come Lobanowsky allenatore di calcio dell'Urss. Chiudo gli occhi mi riappisolo. Lobanosky parcheggia la Trabant 601 color acqua minerale, tra le ciglia di Josif Breznev; manda in campo Oleh Blochin, Vitaly Daraselia; a Lev Jàsin portiere, invia da bordo campo gesti da sordo muto, come dire << siamo noi quelli da battere >> batte la mani per canzonare gli spettatori. Robbo il graffitaro ispeziona la Trabant 601 parcheggiata, trova una boccia in vetro oblunga nel cruscotto, all'interno un paesaggio montano, capovolge la boccia nevica, su quattro animali Volpe, Cavallo, Lupo, Megattera. Ogni evangelista porta una frase del Vangelo al banco dei pegni il cambiamento del costume sociale inizia dalla qualità del filo. Roxanne mi consegna la cassetta musicale dove ha registrato l'intervista a Brian Jones dei Rolling Stones nel 1965, gli dico che non m'importa, Roxanne mi invita a vedere l'altra parte della città di Carpi dove Gene Simmons macellaio vestito da concerto fuori dal negozio ha una fila di persone che attende con un sacchetto di doppione in mano da fare il brodo: non mi chiedo il perchè, se uno acquista del doppione per fare il brodo, poi si metta in fila dal macellaio. Non faccio indagini ai sogni, non sono Freud. Al centro della rotonda spartitraffico tra via Manzoni via Remesina con la scatola di Minerva in mano Umberto Eco sotto il cappellaccio da satanasso color catrame mi saluta: gli dico <<  Umberto uno intelligente come te come fa ad essere di sinistra ? >> << ma va a caghev semo ! ? >> . Mi guardo mentre dormo mi chiedo << conosce il dialetto delle nostre parti ? >> Apro gli occhi rispondo << che ne so ? ! >> Nonostante gli occhi aperti, non sono presente, il sogno mi si sviluppa ugualmente sulla frequenza del gruppo elettrogeno, autonomo al sonno. Umberto Eco sale sul cavallo Ribot. La scritta pubblicitaria sul fianco del cavallo invita alla lettura libri di poesia della casa editrice City Light di Lawrence Ferlinghetti. Tutto svanisce gli occhi aperti acquistano il senso realistico sulle cose, delle cose. Penso; non ho mai imparato l'inglese.             

quattrocentosettantasette


Hashis : )

Salgo sul carro dei perdenti, tanga leopardato, reggiseno pelo villoso, la medaglia ricordo ballonzola sul lungo mare; lo yacht naviga nello stretto delle Bocche di Bonifacio, Marcello Mastroianni lasciato da Catherine Deneuve vuole suicidarsi. Federico Fellini lo consiglia di lasciare perdere << dai che andiamo dalla culona ci facciamo fare una bella fagiolata ! ? >> Marcello è inconsolabile teorizza grande verità professionali << Federico noi attori siamo tutti dai puttanieri, le attrici del gran puttane: non siamo gente da metter su famiglia ? ! >> Non ho dubbi sulla libertà non ne ho su quella dei nemici fatta di catene imene artistici: prego per loro. La testa del nemico compare lancia in tutta risposta una blasfemia irripetibile. Apro gli occhi sudato, vado in bagno chiedo allo specchio << se si ama, come non si fa ad avere fantasia ? >>. Chiudo la zip dei calzoni, mi distendo sul divano, chiudo gli occhi mi riaddormento. Bella come il sole sotto il portico Lungo, supera i 52 occhi di portico, incede radical chic all'esordio in società, sopprime noia consuetudine del popolo dismesso aggancia nel connubio amore utilità, il guinzaglio del maiale con cui deambula: cresciuto, invecchia, muore, l'affetto si tramuta in ciccioli salame. Tento di andare a vedere il film di Pedro Almodovar inspiegabilmente non raggiungo mai il cinema, non ho pregiudizi sul regista icona della sinistra; a pensarci bene ce l'ho, perciò non entro mai in sala. Ken Loach dal tavolino se ne va, rimane George Bataille. Il tavolino da bar è la copia di quello usato da Ernestro Calindri nella pubblicità del Cynar nel traffico cittadino; tra l'erba verde della campagna di Giugno il viso sbiadito di Georges Bataille sorveglia il Pastore della Beuce che ha con sè, annusa ogni angolo di radice fiore corteccia rugiadosa deposta dalla notte. Gambe accavallate da incompreso cita lo scrittore Kakuzo Okakura << L'uomo primordiale trascese la propria condizione di bruto offrendo la prima ghirlanda alla sua fanciulla. Elevandosi al di sopra dei bisogni naturali primitivi, egli si fece umano. Quando intuì l'uso che si poteva fare dell'inutile, l'uomo fece il suo ingresso nel regno dell'arte >>. Virgilio mi guarda affascinato dalle parole citate come poesia, pensa di non essere ascoltato << belle parole, chi è costui che le recità ?! >> Georges Bataille svanendo risponde << chiamami Victor per te e il tuo amico, sono Victor >>. Con la moto R80 della Bmw raggiungiamo Gubbio, Virgilio si toglie il casco bianco cuoricini neri, Rox parcheggia la Cagiva 125 Elefant contachilometri rotondo. Entriamo nella stanza affittata ogni cosa appare un'illusione; cammino nel dipinto la campagna agreste il ponte sul ruscello tra gli alberi, attende d'essere calpestato. Incedo turbato dall'ordine delle cose cui devo sottostare, qualcosa in me vede giochi vacui. Visito il museo della garrota, espone teschi col rubino nell'incavo del bulbo, gonfiati a ossigeno / elio decollano palloncini d'osso; la bambina stencil di Bansky stringe tra le mani le cordicelle, si solleva guarda il mondo mentre decolla sempre più, esclama << non sono di nessuno, nemmeno di me stessa, solo dei sogni >> Tra le scartoffie leggo il numero di telefono e il nome, penso in Inglese << why can't we live togheter >> Compongo il numero le dico che l'amo.

               

sabato 11 giugno 2016

quattrocentosettant'otto


Cheap :)

La fila di ombrelloni sul costato rinvia l'onda, devia il petto scalfisce il dipinto: prospettiva di sale, acqua, casti pudori sul lungomare. La marcatura preme lo scialle a momenti bui. Disimpegno il limite al potere, mette soqquadro la clessidra ha l'identità minuscola. La catena montuosa rivolge i propri capelli alle fronde. Il faggeto sul pendio indossa calessi trainati da gazze in livrea nero bianco. Il popolare sentimento invade la corsia dei sensi, a passo ritmico il pendolo illustra i segni celebra l'eucarestia. Miope la lontananza è sabbia nel mortaio mescola responsabilità galleggia prua. Istmo perdutamente. La caravella in lamiera serve l'antichità trancio di roccia presso il fiume rosa. L'obolo mi ruzzola dalla tasca al palmo, strappa il sorriso, la melanconia dalla finestra. Da li osservo il quinto piano. La sinfonia celebra la morte. Il sacerdote al tornio conia il franco, la dracma con la cornamusa del dejavù  la pesa con la bilancia. Il cappello sgocciola sul comò pioggia d'oro sulle scarpe.

mercoledì 8 giugno 2016

quattrocentosettantasei


Diabolik  :)

La minuscola formica esplora la lente scura, copre il capo con l'ombrello multicolore, circola corpo morto sui rami curvi dei tigli trafficati. Il cane scomposto siede sulla panchina in legno, peluche  mono espressivo che attende il pulman. Su cui monto con la zaino colmo di notizie, il radar infilato nella tasca posteriore, preme sul soffitto graffia l'assolo. Il coltello pensa gli sia precluso il mondo che desidera, l'impedimento non può che amarlo. Sono fuori rotta spengo la rosa che profuma l'anima di conilingus. Trovo posto nell'ultima fila guardo lateralmente la vita. Insonorizzata canta brevemente il Paradiso, dalla fessura l'adagio sfiora l'alveo acustico << non si conquista la modernità privi di poesia >>. Mi riprometto di tacere ad ottomani sulla gobba, suono il sassofono attendo il fine turno. Il Boa s'arrotola in un visone d'inverno. L'imam solleva la veste, la donna in piena metamorfosi complica le relazioni future, la morte segna l'avviso di garanzia. Chi di Libro ferisce di Libro perisce. All'indietro la pellicola srotola il film porno, il quale sbuffa in suoni di calore, il fermo d'oro, radura di plusvalore, è perla di cupiglia. La vettura ingombra, trasporta la croce sulla capote s'indirizza al lago di cristallo, i lunghi coltelli pali in fila, feriscono le superfici. Il gallo canta fuori orario, la canna del fucile risuona tra i banchi, il mercato vede al fiume pochi spiccioli di natante. Approda al municipio, lega la corda all'inferiata del balcone. L'ascensore rivela l'amplesso. La cabina a parallelepido traspare sul cielo di Berlino: Rainer Werner Fassbinder saluta gli ospiti. Per istinto muore la parte vera, sul palpito leggo il verso in cui credo, niente più di questo per sorgere la sera. Esco con la gatta. Ferraglia sul muro indovina dove sbuca il ricciolo di burro, sbatacchia motori sulle sfere. Le pupille in metropolitana redigono l'ossido. Scalzo rivivo la nobiltà, sciacquo soli spenti dal profumo di maschio. Il piombo in casa illumina il solaio, traccia il solco diagonale nell'anima, la tela in terra rintraccia il ragno che sale sui pioli in tutta fretta come Diabolik. Apro gli occhi l'aria della fessura della finestra sul terrazzo mi rabbrividisce. Tolgo il libro aperto sul petto, - il Regno - di Emmanuel Carrèr, mi alzo, accosto la finestra guardo fuori, direzione del distributore di benzina: l'amico Barri Lush sotto l'ampia pensilina intrattiene i clienti chiacchiera tra le pompe, agita il corpo, le mani per spiegare, sorride, saluta, il signore con la portiera della vettura aperta, attende, scambiano parole, si allontana, prende la pompa la infila nel serbatoio chiacchiera col tipo alla guida.          

martedì 7 giugno 2016

quattrocentosettantacinque


Krokodil :)

L'ombra ad ampolla tatuata sulla schiena prefigura il buco filologico in terra, sin negli apparati ignari; dove gravitano scaglie di città. Finestre dal timbro lunare, frontespizio ad esagono che naviga, scorro sul cornicione in rame, al volo mi allineo al passo dell'oca. L'intensità sull'onda magnetica regola il Rolex del polso, lo studio affolla minotauri d'argento. Mi dirigo al ristorante, la cucina di vettovaglie incastra l'animo acustico: non crolla. La frequenza oraria modula la clessidra, so di amarla. Il servo sterzo, ideogramma in metallo accende la chiave di violino sul motore spider. Due tempi memorabili, li rovescio nell'otre millepiedi con 500 paia di scarpe nel freezer. Rapido l'assassino rottama film di serie B, televisore a rottami & chincaglieria, montaggio Alain Resnais - Stavisky il grande truffatore - trama drammatica. Ray K. commuove sul termosifone. Il sacro dipinge reti a testa in giù. La donna celebra il footing non regge sguardi, tuona alla finestra il minimo sindacale. La rivedo nel sicuro abbraccio. Il profumo di Virgilio circonda il Santo, predica prospettive future che realizza fuori orario. La statua vede il proprio arto, scorge le sfera nell'orbita siderale. Il tunnel lubrifica in dollari, stampa poster dell'alba, di tramonti, di luoghi marittimi strappati all'imo pubblico. Apro gli occhi, un rivolo di saliva mi scende, allo schermo il secondo tempo della partita. Uomini minuscoli in pantaloncini corti rincorrono il pallone. Mi sollevo, guardo. Amo il calcio: è emotivo, assurdo, irreale come il sogno.           

quattrocentosettantaquattro


Cannabis :)

Virgilio sul trattore Ursus, traina il carro funebre, il quale non è funebre ma colmo di carbone, la tasca conserva milioni in banconote. Dall'alto al basso guarda il prossimo con sottotitolato la frase << io non sono nulla ! >> Ed è nulla; la scatola cranica del ciclista sale dal volto rubizzo la mandibola in ferro battuto, il casco a poit rosa, il ragazzo lo supera gli allunga un mazzo di fiori di marijuana di cui s'inebria. Si rovescia sui pochi gradini in via Rovighi, interrompe l'accesso alla Sinagoga; il giovane Adolf vende i propri acquerelli li raccoglie appena tornato dal solito lugubre vizio in cui si precipita di soppiatto. Il cimitero ebraico. Controlla che ai morti non venga l'idea di resuscitare: sconvolge per umanità. In un corpo fisico unico irripetibile i gemelli privi d'edera conversano amabilmente in Pompa Magna, inforcano il telaio da vista col mirino della Maserati di fronte la Chiesa del Cristo. Foulard acquistato sul Bateau Mouche dalla fede, rinverdisco scarpe di Pitone a passeggio dall'alto dell'argine del Secchia. Il frammento cane alla moda abbaia liturgico ed esprime la propria contrarietà ai raggi di ruota nel vortice. Mi riconosco riflesso in vetrina, raccolgo l'inutilità della missione in cui muoio. Calpesto la fortuna continuamente arrogandomi il diritto alla libertà per Dio. Persuaso col discorso di matrice intima conquisto il vertice al finestrino. Sulla strada statale in vetro zigrinato da piogge sole di questi tempi, redigo lo squilibrio su ali di seta dell'insetto che plana in 3D sull'orecchio / vento / collo. Intercetto l'abusivo appicca fuoco alla camicia che indosso di coccinella. In contanti rivesto la strada che porta il viaggio. Mi sbarazzo dell'insetto. Ricostruisco l'itinerario a campanello di bicicletta seguo la pista bianca in campagna rotta dal carbone ammaestrato, aero trasportato confonde le acque. La città è vicina Jim Morrison esegue The End, da un post all'altro l'abito di scena s'inzuppa nel sangue. Virgilio registra i canali, divide la parabola per quattro a tovagliolo, sventola dal treno il fazzoletto dell'arresa. Prende velocità la rotaia di cristallo, lascia il grano che muove, la testa dorata negli occhi dei fanciulli degli uomini. Le donne sul ponte immenso del Gange reclamano minuscoli fiori sulla sartorialità della fede, imbastisce la vetta mare editto d'amore. Sventola il drappo asciutto sulla scaletta dei Doors di Jim Morrison sul sentiero della guerra. Good morning Vietnam.                     

domenica 5 giugno 2016

quattrocentosettantatre


Ecstasy :)

Incontro un uomo sotto il portico lungo, cammina solleva la cornice del quadro vuoto 100 x 80; ha pensieri filosofici, si proiettano sulla tela trasparente. Calpesta la tunica nel camminare, alla cintola scorre il fodero del coltello, sulla lama in diamanti vi è inciso << tu quoque Brutu fili mi ? >> . Col filo la rèzdora incinta taglia la polenta, allo stesso tempo taglia il tempo, lo divide in tre: incorona / vita / morte / miracoli. Accedo al miracolo lo sottoscrivo sul Manifesto incendiario << chi propugna povertà per vecchi e giovani è condannato all'estinzione: legge del Signore >>. Cavalco la vità, la morte in bocca s'agita irrequieta è sufficiente il gesto contrario, il nero inesorabile seppellisce. Scendo dal destriero lo lego all'anella fissa al muro vicino al bar Centrale, piazzale Dante di fronte al giardino pubblico, il busto pop art di Salvo D'Acquisto controlla il traffico all'incrocio. Penso alla consunzione / corruzzione umana entro nel Dehors incontro amici con l'echimosi di felicità, cicatrici suturate a filo zecchino, brandelli morali in carne vermiglio, la bruciatura di brace orizzontale pende occulta sotto l'abito, candore femminili di silenzio, ricordi, fantasie, crosta in pietra dura sensibili alla femminilità recidivi amiamo, ridiamo al rinfresco di Ronni Kippa che sposa la propria dolce metà. Vino, bella compagnia. Petronio fuma, Rox chiacchiera con David Garavàn, Ios fotografo ufficiale dell'evento sorprende con il click, m'immortala in foto dove con nonchalance mi gratto il naso << rifalla Ios !? >> Barchiss parla delle vacanze in meridione Puglia, Calabria, Basilicata, mi convince: le vacanze le trascorro in Italia. Il piccolo bouledogue nero al guinzaglio di Bràndla si acquatta sotto il tavolino, chiacchiera Donna Bràndla con Donna Kippa, entrambe sedute. La figlia di Ronni Kippa, l'amica, il ragazzo dell'amica, altre donne, altrettanti mariti, il fratello di Ronni Kippa, Gad Kippa chiedo << come va ? >> Le donne dolcemente complicate, gli uomini rilassati. Virgilio va in bagno. Ritorna, il wc è occupato << prova in quello pubblico al centro dei giardini >>.  Non riesce ad aprire la porta << prova con un euro !? >> << gia fatto non funziona !? >>  << l'hanno costruito negli anni 80, prova le lire >> << niente da fare >> Virgilio sbuffa, dico << al comune son famosi per essere originali: prova il rublo ! ? >> Non va. Virgilio dietro il cespuglio, ricompare, alza la zip << mi avranno scambiato per extracomunitario !? >> e si domanda: << vecchi, donne, bambini, il bar chiuso per turno, il Wc pubblico non funziona, escono di casa col pappagallo dell'ospedale in previsione di doverla fare  ? >> sdraiato sul masso prendo il sole sull'isola di Serifos gli rispondo << hai ragione Virgilio, la nostra città è cambiata, per questa ragione amo la Grecia >> mi avvicino alla polla d'acqua fresca finemente increspata, piscina naturale tra le rocce, il vento brilla raggi di sole, ho 30 anni la pelle scura i capelli lunghi: mi tuffo nella piscina sullo sperone di roccia rivolto al mare. Laggiù, squali a digiuno nell'acqua blu profonda, mi vedono danzare con l'amore. Apro gli occhi, cerco la cartina della Grecia, ho nostalgia dell'estate Greca, scelgo l'isola del mar Egeo per il prossimo viaggio.                   

quattrocentosettantadue


 Cocaine :)

Prima della cena siamo vermi sui rulli del car wash per una doccia veloce, ci asciughiamo ai raggi del sole; entriamo nella trattoria panoramica della sagra in piazzale Re Astolfo, due tavoli da cui la vista sulla Ghirlandina dalla guglia chiara vicina all'occhio come luna piena nei tramonti d'estate, ci sorveglia. Virgilio consulta il menù ordiniamo due spaghetti alla carbonara ci servono gli spaghetti dopo un po' le carbonare vestite di tutto punto. Di nazionalità ucraina ci scambiano per maitrè a pénser prezzolati esperti gnocco & tigelle, ci chiedono il libro con l'autografo. Ho studiato per anni la firma, la postura budoshi di fronte ad un kanjii vergo la mia firma ideogramma sul foglio. La ragazza  sgomenta chiede << ma il libro dov'è ? hai fatto la firma sul foglio bianco ! >> << la mia firma vale di più di qualsiasi libro !? >> la ragazza prende le distanze sobilla << ma costui chi è ? >> << la più giovane mi conosce << Pablo Picasso ? >> si. Come budoshi di fronte al kanji, col movimento rapido circolare sul foglio, vergo la firma sotto il disegno - tauromachia. Acquisto una scatola di sigari. Ci addentriamo nella città che vive sott'acqua all'interno di un acquario di acque statali. Sono alcoliche al 27 % ricordano il liquore latte di suocera, leggi severe: ogni balcone ha la barba multicolore in alghe, penzola capestro, la parabola è di Cristo: il cartello evangelico affisso allo stipite della porta esaudisce la donna cananea; la chiglia dei natanti intrecciati dalla pelle olivastra, in direzione della Medina hanno divieto di vendita dei preservativi; l'abolizione di una dozzina di lettere dell'alfabeto nautico li orienta sempre al Polo Nord; la bussola in bauxite, traccia del viale acquatico, stabilisce manager se cura il fallimento a ditte pubbliche in perdita, reddito di cittadinanaza, la povertà non è diritto giuridico. Virgilio, Rox, imbracciano il fucile, guardiani della libertà fucilano i responsabili davanti a qualsiasi muro, il sangue degli impostori sia plusvalore per la Cristianità. Il colpo in testa spetta alla mia Glock, con un paio di colpi fa scoppiare il cervello li spappola, cocomeri rossi. Il mondo cade a pezzi velocemente raccolgo la testa illuminata dell'uomo: ruzzola verso valle. Non più. Sollevo l'abat-jour a palla, imploro<< pietà di noi Signore >> la risposta al tuono  << Grande è La Tua Fede Avvenga Per Te e Gli Uomini Come Desideri >>.  Apro gli occhi di felicità.       
    

sabato 4 giugno 2016

quattrocentosettant'uno


 Shabu :)

Sediamo a tavolino sotto la Torre dell'Uccelliera, noleggio un gioco di società. Rox ama il Monopoli: da povero nel giro di poco cambi la sorte, diventi milionario. Virgilio preferisce il Risiko: sei poco più grande di Israele, in poco tempo crei un impero come quello della civiltà Romana. Scelgo il gioco dell'oca. Il sogno è mio, loro sono miei ospiti, giocano a quello che scelgo io, se non sono d'accordo raus. E 'una bellissima serata estiva, non c'è nessuno in tutta la piazza, noi a tavolino gettiamo i dadi contiamo le caselle 6, mi fermo a Bastioni Gran Sasso; Virgilio 12 si ferma alla Società Elettrica; Rox 11, via dell'Accademia. Si siede un tipo strano mentre giochiamo. Un rapper con la catena al collo un medaglione della Mercedes, lo tocca come il Vescovo si tocca il crocifisso, indossa il cappuccio gli copre il capo della felpa grigio perla, la stampa è - i like rivolutionary acts - il piccolo logo al cuore un DJ stilizzato nero con le cuffie in testa, la consolle. Il rapper si alza se ne va. Non capisco chi sia. L'indovinello di Virgilio << sapete chi era quello che si è seduto ? >> gli rispondo << un disadattato ? >> Rox non risponde getta i dadi, dice << c'aveva del poco normale è il matto del paese ? >> << vi dico chi era, ci rimanete di sasso >> ci provo << Tupac Shakur ? >> << Guru ? >> << Notorius Big ? >>  << Jam Master Jay ? >> << non è un rapper, sembra ma non lo è >> Rox esclama << Bob Rock di Alan Ford ? >> ride alla battuta che capisce solo lui, gli dico << non farla lunga chi è ? >>  << si chiama Jordan Van Bruelen ! >> Rox ed io ci guardiamo << ...bohhh ? >> << è un nome di copertura ! >> prosegue Virgilio << a si ? è una spia, noi non lo sappiamo, giochiamo a Monopoli e siamo parte di storia d'un romanzo di James Elroy ? >> << ma và là ! >> << quello è Giordano Bruno ! >> ? << la saggezza la giustizia iniziarono ad abbandonare la terra allorquando i dotti organizzati in sette cominciarono ad usare la dottrina a scopo di lucro ? >>  Virgilio annuisce << si, proprio lui ! >> << beh, si presenta vestito da rapper col nome da DJ dei Paesi Bassi, non apre bocca ? >> << vestiva normale parlava da persona normale, l'hanno bruciato !? >> << è rimasto traumatizzato, vuoi dire !? >> << prova te ad essere un falò di te stesso, vediamo che impressione ti fa  ! >>. Salgo sulla Torre dell'Orologio sino alla stazione della funivia, entro nella cabina ali di cartone, rotolo / scivolo sul filo sino al quartiere di Quartirolo. Parcheggio la cabina davanti il comando di Polizia. Il funzionario poco gustoso allo sportello, indossa la mimetica antisommossa, un modellino di Ferrari Dino 246 GT in mano gli domando << che fila seguo per richiedere il passaporto ? >> << deve fare col passaporto ? >>  << desidero visitare il Santo Sepolcro ! >> << qui signorina non cè il Santo Sepolcro >> stizzita gli tirerei una borsettata sulla testa, gli dico << si lo so è in Israele !? >>. Mi fa cenno di là sul muro è affissa la cartolina della Basilica Santo Sepolcro a Gerusalemme e l'agenzia viaggi che se ne occupa. Un tremolio mi sveglio; il rumore del treno entra dalla finestra taglia l'aria: lentamente apro gli occhi il suono inconfondibile del motore di Ferrari, mi affaccio su via Manzoni; basito ammiro: è una Ferrari Dino 246 Gt.         

venerdì 3 giugno 2016

quattrocentosessantasette



 - La famiglia -

Vedo Ray Kamasutra gli chiedo l'amicizia su Fb mi risponde << certo ben volentieri !? >>. Passano i giorni lo incontro di nuovo << Ray mi dai l'amicizia o no ? >> seriamente mi risponde << non vado mai al computer, ed è un po' che non l'accendo, probabilmente non lo accenderò più, poi che cos'è questa storia delle amicizie ? io ne ho di più di te !?: ho deciso non vado più su Fb ! >> La risposta non mi pare pertinente, sorrido tra me gli chiedo << non sarà che sei venuto a leggere la mia bacheca hai letto dei post ti sei detto cavolo che fascistone ? >> << No che dici ma sei matto ? ma no, è che come ti ho detto, non vado più su Fb !?>> Una sera di qualche tempo dopo in pizzeria, nel corso di una serata tra amici mi avvicina col bicchiere in mano, un po' alticcio gli occhi lucidi di chi si commuove, sorseggia con l'espressione da coccodrillo, prende posto, mi guarda in silenzio nel frastuono del ridere del vociare che giungono di spalle. Prende fiato, ordina i pensieri qualcuno gli scappa, altri li lascia andare, mi guarda stupito, riordina quelli rimasti <<  sono in una situazione disastrosa Zen !? >>  si soffia il naso col tovagliolo << mia moglie secondo me, ha una relazione con qualcuno sul lavoro >> << come te ne sei accorto !? >> << non facciamo più l'amore >> << dai Ray sarà un periodo così, non pensare subito ci sia un altro, un periodo di stanca, tutte le coppie lo vivono prima o poi >> << Zen è un periodo che dura da due anni, non finisce più ! ? >> << mi tocca di andare a donnacce se voglio scopare !? >> << beh, se invece di andare a donnacce i soldi li dai a tua moglie, rendi più piccante il rapporto, vi riavvicinate ! >> << ...ci ho provato mi ha detto di andare a cagare, e di andare a donnacce, ti rendi conto !? >> << l'hai offesa ? >> << no, non gliene frega proprio niente di quello che faccio !? >> << capisci !? >> << si capisco non so che dire, è una situazione delicata ! >> << e fosse l'unica Zen >> prende fiato, ordina un limoncello freddo << mia figlia, Zen, sai cosa vuol dire per un padre avere una figlia ? >> << no, ho un maschio, però immagino >> << ecco te lo dico io cosa vuole dire avere una femmina: mia figlia ha una relazione ! >> << scusa guardiamo la realtà Ray, speravi si facesse suora ? >> << ma no Zen, è che, non so come dirlo: ha una relazione con un uomo >> << preferivi diversamente ? >> <<  maturo Zen, mica un ragazzino >> << Zen non vuoi capire, mia figlia ha una relazione col suo datore di lavoro ! >> << lei ha 23 anni lui ne ha 60 e passa ! >> << non posso immaginare che mia figlia vada a letto con un vecchio che ha più della mia età, ce l'ha fiappo se gli viene duro è perchè usa chissà cosa ! >> << io mi chiedo, come fa ad amare un vecchio ? >> << probabilmente la tratta come una regina: le donne si sentono regine ! >> un moto di livore Ray sbotta << ...e invece è solo una zoccola come sua madre !? >> stiamo in silenzio, Ray sorseggia il limoncello, nel bicchiere versa vino << son messo come il tre di coppe sotto strozzo Zen ! >> << vivo con due puttane in casa, non posso vederle; neache il frocio posso vedere !? >> << chi è il frocio scusa Ray ! >> << chi è il frocio ? chi vuoi che sia il frocio: mio figlio !? >> << qualche mese fa, ha fatto, ha fatto come si dice, lo dicono in inglese che fa più libertà di prenderlo nel culo  ! >> << outing ? >> << eh, si, ha fatto outing ! >> << figurati ha fatto outing alla famiglia riunita, c'era sua sorella di fianco, l'amico che ama, mia moglie vestita da troia che andava a fare spesa; tu capisci una si veste, si profuma da troia per andare comprare i cappelletti !? >> << e io ero li, che ascoltavo le ragioni di mio figlio; in questo puttanaio di troie culattoni; ti assicuro anche se ero a casa mia, mi sono sentito a disagio ! >> << ah, ci credo ! >> a questo punto confesso a Ray << scusami se ti ho tediato per una cosa effimera senza valore come ottenere l'amicizia su Fb, non avevo idea tu stessi vivendo una situazione complicata >> << non ti preoccupare Zen, son cose che succedono, mica lo potevi sapere !? >> << a proposito senti, non ti offendere, al di là di quello che ti ho raccontato: io la mia famiglia tutto sommato andiamo d'accordo, andiamo in vacanza, ch'abbiamo il cane, le nostre amicizie, le nostre cene, le macchine, paghiamo le tasse, siamo gente normale: ecco Zen mica posso dare l'amicizia su Fb a uno che si reputa fascista ? che fa il rivoluzionario di mezz'età, ma tu sai che casino ci viene in famiglia da me ? gli amici, le amiche di mia moglie ? quando vedono che ho dato l'amicizia ad un fascista ? gli compare un fascistone come te sulla pagina ? apriti cielo >> << non me lo voglio nemmeno immaginare ! >> mi guarda, sorseggia distrattamente il vino, con attenzione si sofferma sul posteriore della cameriera che sparecchia tavola. Sia alza << andiamo ? >>.           
        

quattrocentosessantanove



Oppio :)

Avvisto una figura con l'andatura trafelata all'incrocio via Berengario via Fassi lo riconosco è Tullio il visionario, si ferma ad osservare la Chiesa. Improvvisamente fosse un Black Block in suit gessato, avvolge un messaggio alla punta di bronzo del giavellotto in vetro, lancia l'ipotesi al costato del muro di San Nicolò. Dalla crepa l'acqua fuoriesce scura mezzo forte, la cascata di brutalità espressionista innonda il sagrato a briciole di sasso; dall'angolo occulto della curva di via Catellani partorisce la propria melodia Flora, sirena muliebre, statua costellata d'innumerevoli verdi, intreccia alghe, muschi, licheni. Nuda si muove strizza l'occhio, piroetta civetta chiunque con la vista le tocchi il seno conserva la chiave delle porte che aprono i battenti alla fortuna. Mi nascondo, Virgilio altrettanto non possiamo farci riconoscere, lo sguardo di Flora è incantesimo di follia amore perenni nell'anima; nè preavviso nè consapevolezza si diviene statue dalle fattezze umane. Ad animale nel verde dell'erba folta, striscio cobra dorato; Virgilio impugna lo scudo pelle di pecora, benda gli occhi con una cintura in cuoio, segue il segnale di fumo che brucia, sale dal porta incenso che tengo sulla piattaforma a cilindro legata al dorso. Dal muro della Chiesa di San Francesco pendono le scarpe d'oro al chiodo. Giungiamo a porta Modena; con le calosce nudo le pudenda al vento, accatasto milioni d'occhi in piramidi multicolori, ciglia palpebre battenti ai lati, hanno le elitre con cui vengono trasportate via da carogne putrescenti in cui dormono rovesciate sul selciato. Virgilio toglie la benda in cuoio Tricolore indossa il casco bianco a cuoricini neri; in piazza Ramazzini quattro rane sostengono la conchiglia, fontana vuota su cui in posa la giunonica sirenetta gemella Flora è abbandonata all'incuria. Mi chiede pochi euro da far tintinnare e ruzzolare nella conchiglia, mi invita ad eiaculare sul presente per gioire nel futuro. Amo gli oracoli con cui dialogare sinceramente: sono una rarità di questi tempi. Facciamo l'amore, tiene alla verginità nonostante l'età, mi consiglia l'orifizio adiacente. La sodomizzo, si gira all'indietro è una gatta di dolore, fa le fusa, impreca Dio come non comanda; accelero a colpi cerco l'orgasmo. L'avvisto nel capanno della brughiera ventosa, lo rintraccio a singhiozzo mi accorgo che m'attende, anch'esso impreca; di nuovo e di nuovo insieme, scivoliamo stridore sul lastricato d'acciaio strofiniamo la carne nello zolfo incendiario << non libera nos a malo >> la canzone è per Dio non desidero che ascolti, nè Lui nè i Suoi tirapiedi; afferro Marte in bocca, mi galvanizzo al centro del sistema: mi affretto. Eiaculo nel retto, odo l'eccellenza del piacere venire / scomparire; nel sussulto dico Amen svestito da Demonio di provincia. Mi sveglio con un'erezione nei jeans, distinguo la scena finale di me che eiaculo nel deretano della Dea: mi riaddormento per tornare nel sogno, riprendo da dove ho finito, incontro Virgilio, mi mette in guardia dalla Dea << non fare l'amore con la Dea Flora, si chiama Rocco: è un ermafrodito >>. Non dico niente, ci allontaniamo dalla statua di Flora in piazza Ramazzini. Salgo corso Roma in direzione della piazzetta Garibaldi seguo il sentiero 615 sul trono del silenzio greto del fiume, vibra il torrente scroscia ottura l'udito, incrocio la discesa di un uomo della beat generation con la bandana azzurra legata in testa, stampa hennè bianchi, fischietta e canticchia << te voglio bene assje / ma tanto tanto bene sai / è una catena ormai / che scioglie il sangue dint' e vvene sai /. Il tichettio delle bacchette telescopiche sulla roccia trasormano la discesa dal pendio roccioso dell'uomo con la bandana azzurra in una immagine folgorante e folle: indossa la tunica da personaggio biblico, barba bianca, capelli lunghi. Mi siedo in piazzetta Garibaldi, poggio il guinzaglio sulla panchina di marmo. Abbraccio il cane affondo il naso nel pelo, entro nella brughiera ventosa assolata, la casupola dove si ripongono le attrezzature di campagna ha un mattone del muro, lo sostiene il color carminio copertina di un dizionario Zingarelli. Il putto mi trafigge il cuore con la freccia su cui è inciso - metamorfosi-. Sollevo il naso dal pelo, la piazzetta è invasa da nutrie / fagiani dal piumaggio rigoroso; divorano quadrifogli di campo, attraverso la bellezza i fagiani dall'occhio pittato, distolgono lo sguardo degli uomini ignari sulla roccaforte di tavoli e tavolacci su cui veleggiano i flut di vino bianco frizzante. Con senso di repulsione Virigilio si fa strada in piazzetta Garibaldi tra uccelli, roditori. Rox Muriatico tenta d'incendiare il pelo alle nutrie con l'accendino bic, corrono velocemente, torce nane combuste. << Le vuoi allo spiedo ? o vanno bene come sono, te le porti via al cartoccio ? >> ride. Incendia le ali ai fagiani, magia il volo fuggiasco dalle ali di fuoco si alleggerisce: da gallinaceo in colibrì incendiari diretti ai tetti celesti. << Preferisci i fagiani al forno ? >> ride. Virgilio fa posto, Rox Muriatico siede sulla panchina. Colgo l'attimo, la mia città ha un chè di meraviglioso. Mi sveglio spettinato, guardo fuori dalla finestra che tempo fa, controllo se Virgilio / Rox Muriatico sono seduti sulla panchina: sorrido all'idea. In cucina preparo il caffè, taglio le arance le spremo, vado in bagno, mi siedo. Penso al sogno, al tipo della beat generation che ho incontrato, l'ho sulla punta della lingua: Herbert Huncke, ecco chi era. Quel gaglioffo di Herbert Huncke.         

giovedì 2 giugno 2016

quattrocentosessant'otto

 Popper  :)

Scatto negli ultimi metri della maratona, perdo il parrucchino color cipolla di tropea. Lo raccoglie il battitore d'asta di Sothersby di Londra: poche sterline se lo aggiudica Thelonius Monk. Lo vedo sul teschio color avorio sul piano a coda di rondine, la quale seguo, volo sulla fontana pubblica di fianco la Cattedrale dell'Assunta. Stràss il taxista parcheggia la vettura scende frappone tra me Virgilio una foto in bianco nero: ricorda l'acqua pubblica dalle fontane iniziò a scorrere dal 1939. La foto ritrae nel dettaglio: fontana in pietra / cemento, col becco metallico che fuoriesce, il negozio Mobili e Letti in Ferro dietro; via Sandro Cabassi superiamo il bar Martini, il Caffè Nero, il portico, dall'altra parte della via il cinema Capitol; svoltiamo in Aldo Manuzio, torniamo sui nostri passi svoltiamo in via Giordano Bruno, proseguiamo sino alla vecchia Chiesa San Rocco diroccata. Guardo i muri della città vecchia, dalla fessura di porte socchiuse d'estate il fresco, s'intravedono lampadari pendono dal soffitto, donne anziane alla finestra, le entrate dal corridoio budello, ballatoio delle scale angusto, calce gonfia che si sgretola; un tipo in strada si rivolge alla donna alla finestra << scind'àbbàasse >> con Virgilio svolto a destra, via Battisti; cavalchiamo per alcuni metri sulla tavola da surf lo Tsunami in fili di rame da cui fluiscono note, lecca la città trasforma ogni cosa in color glitter. Distinguo il ciuffo di Elvis Presley che intona All shook up per tutti: preferisco A little less conversation, mi ricorda la regia di Quentin Tarantino. Il cartello sbilenco sulla serranda del negozio chiuso non ammette repliche - Non ci possono essere istanze libertarie da popoli ridotti alla fame dai neo liberisti: vado dove non vi dico -. Altre serrande abbassate, negozi chiusi, cartelli, con lo stesso stile - mi faccio finanziare dall'Ue un corso formativo per rapina a mano armata, poi vi sbudello - << è il sarcasmo prima della rivoluzione delle coscienze >>  mi dice Virgilio << chi può va, chi resta non reagisce, pensa di raschiare il fondo del barile andare avanti: nessuno immagina l'apocalisse dei corpi, il genocidio dello spirito, il sangue per la strada >>. E' orribile l'immagine: migliaia di corpi nudi in strada, giardini, negozi, negli uffici, tra i banchi del mercato, agli stop, fermi in vettura nelle rotonde, in autostrada, animali domestici, cani, gatti, uccelli riversi, ovini bovini gonfi nelle campagne, ovunque il silenzio lugubre, chiunque privo di vita; un refolo di vento strappa il foglio che disteso bacia terra, si libra ad ala celluloide, ridiscende si contorce al piede della panchina. Panchina dietro il Teatro sulla quale passo la notte intera a discutere di noi, e degli altri che non sanno del nostro amore, profondo, ostico, oscuro pozzo mortale, l'acqua increspata ci logora. Non la vedo a fuoco, sento che mi manca, capisce ciò che dico ciò che direi, mi legge i movimenti, la punteggiatura, il volto le si oscura come ombra non persiste, scompare definitivamente. Il radiocronista ha la voce inconfondibile << avvengono più fatti in 40 righe che in 40 giorni >> continua << in un minuto avviene tutto e il contrario di tutto >> Memorizzo la formazione della squadra dell'Inghilterra dei primi anni 70 recito la formazione, la canto sulla base di Rock it  di Herbie Hencock: Shilton, Madley, Hughs, Bell, Mac Farland, Moore, Kerry, Chennon, Osgood, Clarck, Peters: Virgilio alza il volume; sfrecciamo nella campagna della città col duetto Fiat, vedo la cupola della cattedrale dell'Assunta laggiù; è notte fonda il principio dell'alba, la luce il fresco la natura spazza con violenza la capote dell'automobile, guardo l'ora: 6 del mattino. Pescatori in gara sul greto del canale Lama, acque dal caratterre malmostoso, gli ombrelloni aperti per riparare dalla canicola della stagione, viola, giallo, marrone, blu, il portavoce col megafono in mano si rivolge agli ultras del Liverpool << il funerale sarà rimandato se l'acqua resta torbida >>. Ci fermiamo a fare colazione al bar Stadio il pulman del teadium vitae carica nuovi morti per le tre solite destinazioni Purgatorio, Inferno, Paradiso, sorseggio il caffè lo vedo passare con una fila di giovani ragazzi con gli auricolari bianchi alle orecchie un foro d'arma da fuoco in testa. Mi si affianca Virgilio guardiamo il pulman che curva su via Carlo Marx, mi chiede << perchè odi la tua città ? >>  << non odio la mia città, non so odiare >> cito il Cantico dei Cantici << il mio amore è forte come la morte >>  Virgilio si ferma per dissetarsi alla fontana di fronte al sacello di Mamma Nina, raccoglie ali di farfalla, sulle quali è scritto in caratteri inglesi - il ricatto alla povertà funziona quando sei pavido non quando hai coraggio -.Sbuca dall'angolo del tabacchino un signore distinto, minuto, coppola, gobba, occhi intelligenti da ebreo, riconosco Palmati, ha il negozio di numismatica oggetti antichi sotto il portico << ora più che mai le arti devono criticare il potere >> lo dice col tono pacato della saggezza; gli sfioro la gobba per scaramanzia, osserviamo dal circolo Andrea Costa lato piazza Martiri un gruppo radical chic dal cuore concusso; se la suona se la canta strimpella un motivo acustico con la chitarra Fender tra le vetture parcheggiate. Virgilio conosce Palmati, amico del poeta diallettale sepolto sotto le radici della pianta capitozzata, vede il gruppo radical chic cantare si rivolge a Palmati <<  poichè sono mediocri la quantitas vale più della qualitas, le metamorfosi spirituali non possono avvenire non hanno spirito, cantano la democrazia delle relazioni: più sono convenienti più sei democratico, rivolte ai loro interessi sono giuste, vivono la cecità, fuori dalla cecità sentono il vuoto non percepito, valgono le relazioni che lo sanciscono, la loro verità ha crismi dell'oggettività, nuovi razzisti di classe e non lo riconoscono, se anche lo riconoscono è giusto, cani che si mordono la coda e non lo sanno, non hanno cognizione del tempo in cui vivono sono destinati a morte culturale sotto il profilo delle idee dorate che amano come vitello d'oro: non sono intelligenti come gli Ebrei. Questo è il loro dramma, e anche il nostro ! >>. Mi sveglio rimango immobile sul divano coperto dal plait ad occhi socchiusi ascolto il dialogo del film che proiettano in televisione riconosco la voce di Robert De Niro dire a Kevin Costner  << non sento, cosa ha detto !? >> Kevin risponde<< che non bisogna smettere di combattere se un incontro non è finito ! ? >> Robert << come ? >> Kevin << mi ha sentito Capone !! >> Robert << ma va che sei solo chiacchiere e distintivo, solo chiacchiere e distintivo, solo chiacchiere e distintivo ! >>. 



   


quattrocentosettanta


 Crack :)

L'addolola sale i pioli dell'arcobaleno a metà mattina. Suona col cembalo la moda del tempo, ambisce un mondo migliore, responsabile; mangia beve copula toglie l'orata dal forno la poggia sulla tavola per gli ospiti. Il pranzo è servito. In bocca la Gitanes in carta di mais, l'incredibile euforia dell'orata in umido quando vede l'allodola voltarsi e uscire dalla cucina, non è palpabile; apre l'occhio sale sul primo treno indossa il cappello nuvoloso raggiunge l'ebreo fuggito di galera insieme formano la risorsa per la rapina al caveau. Gli hacker hanno un nome di battaglia, Condor, Datasream Cowboy, Astra, Solo, ultimi non ultimi gli Hacktivisti di Anonymous e maschera Guy Fawkes: rivoluzionari sociali <<  alla matematica interezza manca la pienezza, non visibile all'occhio umano razionale, colma con l'ausilio della fantasia: segreto soggettivo universale; si riverbera alla moltitudine, diviene oggettiva ideologia >> Il lupo grigio con la rosa rossa infilata tra i denti aguzzi acquista le note al Tango di Astor Piazzolla, si accascia sul cammino delle orme di Virgilio, ascolta il silenzio in pausa dello stormir di fronde, mentre il vento sillaba << Avvengono più fatti vergando 40 righe che in 40 giorni >> Gesù vittorioso tentato nel deserto è a fianco di Satana sconfitto, il quale ha in appalto PGR le storture terrene; percorre la terra in lungo in largo, lavora a tutele crescenti e servizi sociali ridotti. Con la macchina digitale stampa un selfie scacciapensieri, foto da mettere sull'epitaffio della fossa comune al cimitero: entrambi contenti sorridenti denti bianchi, testa vuota. Apro gli occhi, sbadiglio mi sollevo dal letto, mi percepisco umano mi sento bestia: provo il desiderio di abbaiare, miagolare, belare, nitrire, grugnire, richiama un pensiero: acquisto la Fattoria degli Animali di Gerge Orwel.        

lunedì 23 maggio 2016

quattrocentosessantasei

Peyote :)

Virgilio veste l'arancio Hare Krishna, conserva la chiave 38 wanadium d'argento vivo in tasca rimane seduto al tavolino del bar Roma mi guarda cita Plutarco << gli studenti non sono vasi da riempire ma fiaccole d'accendere >>. Il transessuale con la gonna in pizzo infila il piccolo rabbino nella valigia di dollari, da cameriere avanza col vassoio in mano, su cui la foto ritrae il poster murale del concerto dei Kraftwerk negli anni 80, ci serve due pinte birra. Il colpo d'occhio, alla Cattedrale dell'Assunta bendata, brilla mentre cammino sul sentiero scheletro del peschereccio spiaggiato davanti teatro. Virgilio dal portico del grano, col mazzo di chiavi da meccanico in mano, mi fa cenno che per cambiare le candele di accensione ci vuole quella a tubo. Apro il cassetto nascondo il romanzo. Penso in francese, mi stupisco di essere un convinto indemoniato non indosso i jeans vesto il gabardin, fare a bastonate non mi pare ridicolo. Virgilio si riavvicina. La piazza illuminata a giorno dai fari dello stadio durante la partita serale, ci vede superare la contesa sul trattore, attacco l'aratro bivomere sfiliamo triangolo sul cross il goal di testa. Non dimentico mai di sorridere se porto la maglia numero 8, richiama l'infinita potenza di Dio. Parcheggiamo a pettine su via Carducci, l'aratro sporge, speriamo di non essere in multa. Saliamo per Santa Maria in Castello portiamo la sporta della spesa che vuota simula chi parla Italiano non ride dei nostri costumi nè sulla terra nè sul mare. Sentiamo imprecare dai giardini della questura, il matto del paese sostiene davanti alle autorità di aver incontrato a cavallo d'un somaro a mezzogiorno tra via Guastalla via Bruno Losi, Gesù bloccato nel traffico che grida in Aramaico al cielo << Eloi, Eloi, lama sabactani ( Padre, Padre, perchè mi hai abbandonato ? ) >> Raggiunta la Sagra mi congratulo, l'amico porta all'altare la bambola gonfiabile col seno in poliuretano espanso, bacio la sacerdotessa protestante di cui sono da sempre innamorato. Proseguiamo Virgilio si sveste rapidamente indossa gli slip in carta stagnola con cui mantiene la propria virilità, entriamo in piazza, acquisto Paese Sera all'edicola presso la sinagoga, la Madonna di Loreto mi arrotola il quotidiano con l'elastico. Controllo la torre dell'orologio le lancette si trasformano nel viso di Martin Luther King in sovraimpressione la t-shirt dentro la quale la tartaruga plana nell'acqua limpida di Casa Pound ricorda il bambino in copertina del long playng dei Nirvana, Nevermind. Mi palpo il viso, lo sento in porcellana orientale, so di avere denti d'oro, rapper della scena di New York, la testa una palla in vetro da cui traspaiono due bulbi verdi su cui una margherita tenue si mostra fiore. Non canto semplicemente fumo marijuana provo il mixer in sala di studio di Wiz Khalifa, la risata che mi seppellisce mi sveglia beone sul divano col sorriso un po' intontito e un cerchio alla testa. Il vestito di Virgilio non lo sopporto. Ho sempre odiato l'arancio, ricorda il frutto che ti consegnano in carcere quando sconti la pena. Mi alzo vado in bagno a sciacquarmi il viso.                         

mercoledì 18 maggio 2016

quattrocentosessantacinque

L.S.D :)

Dal firmamento scese l'angelo giudicai fosse in sella al vento trasportava una lapide con l'epitaffio, immediatamente ammorbò l'aria di letame ricoprì la testa di umiltà ciascuno. Nel sogno mi dico << son desto ? >> penso a questa immagine onirica d'angelo che scende dal cielo: qualche ritocco potrei usarla come conclusione di una poesia. Compare Virgilio l'amico con cui lavoravo in metalmeccanica c'incamminiamo in una città che non riconosco. Una piazza oscura dei contadini arricchiti seduti a tavolino conversano del nulla ai margini del mercato, la zaffata di letame ricopre il disco del sole. La nobiltà ci sfiora quando ci prendiamo per mano come fratelli. Vediamo nella penombra le anime da cortile si auto strombazzano avanzando, vedono l'angelo volare con epica sicumera, pettoruti aristocratici da pollaio si mettono a testa in su; si solleva una voce dice <<  se mi porta il libretto di lavoro lo assumo >> un'altra risponde << gli angeli costano >> << col Jobs Act, viene >>; vedo via Berengario / Guido Fassi la centralina rumorosa nel parchetto davanti S.Nicolò extracomunitari che dormono, bottiglie di birra in terra, uno orina dietro l'alberello; il corteo di ragazzi giovani sale da via dei Cipressi manifesta sventolando cartelli con scritto - Viviamo In Una Città Di Vecchi Rimbambiti -. L'americano Cormac Mc Carthy autore del romanzo dal titolo - Non è un paese per vecchi - mi dice che il suo paese è come il titolo del suo romanzo: gli rispondo invece che nel mio ci sono solo dei vecchi rimbambiti, i ragazzi se manifestano hanno le loro ragioni. Virgilio si affianca illuminando con la torcia una parte del castello << questa è la torre degli Spagnoli >> mi dice, indirizzando il fascio di luce più distante, faro sulla prua di un peschereccio, continua << quella è la torre dell'Uccelliera >>. Immediatamente viene il giorno, i piccioni dorati sul sagrato del duomo si alzano in volo il sacerdote con le braccia alzate verso Dio implora risposta << Altissimo: se i piccioni sono dorati, perchè il guano corrode comunque ? >> Pulcinella dall'angolo di piazzale Re Astolfo sussurrandomi all'orecchio mi dice << gli uomini non bisogna lasciarli senza sogni o ti tradiscono >>. Ed è mattina la fornaia del negozio ha il fondo schiena che fa sognare tutti i pensionati prima di morire col baulino la michetta comune nel sacchetto; Virgilio fuma, vedo davanti il bar Milano, alcune ragazze simili a ministre del governo in carica, protestano in circolo col doppio cartello, davanti / dietro, sui quali c'è scritto - Si prega di toccare le signorine solo dopo aver pagato la marchetta - Virgilio spegne la sigaretta guardandomi col fare di chi la sa lunga sulle donne ribadisce << se sbagliano queste, sbaglia tutta la melonaia >> compare un pinguino: lo saluto come si saluta una bestia, Virgilio mi fa notare che è il primo ministro in carica, mi correggo lo saluto col braccio teso, Virgilio mi dice che è di sinistra, mi s'incaglia il saluto come se avessi il braccio ingessato del personaggio di Achille Campanile quando il 25 aprile durante i festeggiamenti gli s'incaglia nel saluto fascista, gli dico << ministro se mi vuole arrestare sappia che deve arrestare tutta Italia >> dopo il Palamaio passando per via Lugli vicino le case del Duce, sul cofano della Prinz Nsu il gatto Napoleone padre di tutti i gatti del quartiere dorme acciambellato, il macellaio quando esce dal negozio gli dice << màsòcla, tè sè ti fortunè >> ( testa grossa, te si che sei fortunato ) sul muro di via Bellentanina due maniaci sessuali scrivono - w la gnoc..- e fuggono all'arrivo dei carabinieri; la moltitudine radunata in via De Amicis piazzale della Posta, truccata dal cast del film Zombie, col proprio cervello in mano deambula al buio come gli inquirenti di fronte ad un caso irrisolvibile; Virgilio mi fa un indovinello << dove siamo ? >> bo ?! << siamo a Carpi la tua città >> !? << perchè mia ? m'an fatto sindaco ? >> << ma va a caghèr semo !? >> mentre ridiamo mi viene alla mente che è gemellata con Wernigerode: penso alla crisi morale. Un conto è essere gemellato con una città della Sassonia Anhalt un conto con Gerusalemme. Che Dio ci benedica se non siamo profeti del nostro tempo. Al suono della pernacchia di Totò rivolto a chi tenta di fargli intendere un pensiero debole: mi sveglio apro gli occhi.                      

domenica 15 maggio 2016

quattrocentosessantaquattro

 - L'enigma della riconoscenza-

Quando penso che la morte mi appare di maggior rilievo rispetto la vita attendo che l'anima si rattristi rabbuiandosi nel pensiero; viceversa, mi compare nel sollievo un lucore impercettibile come se avessi districato involontariamente un enigma mi sento felice, sebbene non abbia ricevuto risposta a nessuna domanda filosofica riposta nella domanda; mi accentro nell'esperienza in cui il sentimento è capacità d'autoalimentarsi eternamente indipendentemente da dove si trova, mi riproduce Dio sentimento, da cui procedo ad essere umano nello spirito, figlio di Dio.