venerdì 15 novembre 2013

duecentootto 208

A volte pare che io sia la sua ossessione per il fatto semplice di esistere. E in quel mio esistere di sovrintendere lei. Che non rende conto a nessuno di ciò che fa. Così abituata su ogni ragione rivolta a sé ad escludere gli altri. Che commettono errori, e di fronte a questi errori, la pietà dalle sue labbra è la rarità, quando l'ascolti. Nel pieno flusso delle sue ragioni esposte. Come nell'esporle essa compia la purificazione di se stessa nel pronunciare le parole ardentemente. Dalle labbra fuoriescono le vicende, e nel costruirle essa è martire ed eroina di ogni fatto, narrato. Emerge pura esanime e immacolata in quella giornata che la vede interagire con gli altri. E certamente ha ragione. Dal suo punto di vista. che segue le traiettorie di ciò che ha detto con l'abilità di modificare la realtà prodiga di manomissioni multiple su fatti minori apparentemente di poco conto. Da rendere ogni racconto esattamente, come chi lo esprime, vuole che sia. Abitato. Da una martire o eroina in una storia dalle venature epiche quotidiane. E mentre Lei si sfoga con la ragione che le deborda da ogni angolo della bocca e dove assieme al ringhiare di sottofondo vi è la femmina che vai ascoltando che. Alla fine è vincitrice di tutto e su tutti in quel cavalcare e brandire la spada insanguinata di fronte alle ingiustizie del mondo, bè. Io nell'ascoltare. Osservo e taccio. Non ribadisco. Assisto con nonchalance interesse e garbo e penso: <<...boh...le passerà...speriamo non duri troppo...! >>.  

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