sabato 2 novembre 2013

centossentanove 169

Da Lei non mi sento amato. E non ho memoria nitidamente di come ci si possa sentire, quando si è amati. Sicuro non lo ricorda nemmeno Lei. Solo un accenno interiore di sussulto si manifesta per entrambi, quando una parola proferita tra noi, o esterna a noi, risulta essere accordata nella gentilezza. A cui nemmeno a questa sono più abituato. E nemmeno Lei. A parte questo; dell'amore la perdita che ne ho, non mi pare grave. E per questo motivo che mi dico che potrei rimanerne privato senza patirne sofferenza. Andando avanti, proseguendo. Così, dimenticando definitivamente, la sua intensità dove si stende, la sua incisività dove penetra. Come già, mi avviene per altro. Del resto; tranne un fastidio non ho altro sentimento, che mi assalga. Quando l'amore tenero e delicato mi si manifesta innanzi, nella sua più consueta e cruda rappresentazione di due giovani, per esempio: che naturalmente si amano in un bacio, casualmente, spontaneo. Dello stesso amore in cui credevo anch'io, e pur di difenderlo avrei dimostrato a tutti, esattamente come quei due, che di amore ci si consuma sia di baci che di corpi. E questo sentimento che provo, che è l'esatto contrario di quel bacio, e che ti raggiunge orientando le tue riflessioni incuneandosi con il passo di un estraneo dentro, dai tratti conosciuti; è comprensibile per una persona come me. Che non sempre si riconosce, nonostante sia, suo malgrado, tuo malgrado, malgrado tutto.    

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