sabato 29 marzo 2014

duecentottantatrè

 - Zoso -

Percorrendo la campagna con sollecitudine tranquilla; nelle ruote e nella testa; percorrendola sulla via dove le ossa dell'asfalto affiorano tra le crepe e le depressioni in tutta la magrezza nera serpeggiante; di questa linea chilometrica, nella vastità del verde e delle colture che vivranno il loro ciclo; e l'imbastitura nel cumulo di legni e ferro: cianfrusaglie riposte lì; e di fienili da sgomberare laggiù motori da azionare nel profumo intenso di teli, oli muffe e ruggini nel fresco dei ciuffi d'erba; percorro la campagna che nei muri delle umide pietre mi risuona agli occhi, architettonicamente con uno slancio all'insù; d'una torre in quell'antico borgo con la sua bifora oscura cruna in cima; vista in contro luce col sole abbacinante è nervoso come il suono dell'incudine battuto dal martello; e la campagna mi scivola nelle ruote e nella testa percorrendola con sollecitudine tranquilla, tengo fermo il volante; vedo la chiusa d'un canale simile ad un timone; modulo con la danza il corpo sul sedile distrattamente supero il ponte rugginoso e costeggio il rivolo del fossato; che non è più ghiacciato libero di esprimersi sotto i raggi e le ombre che la luce gli disegna; e passo sulle ruote che rotolano percorrendo la via e sto nella cabina dell'auto a braccia stese; pensando ai fatti miei che son disfatti e; precipito anche se non vorrei, ma dopo un po' mi ritrovo nel logorio dell'innesprimibile rancore ripetendomi: ci siamo. Sostenendo a qualcuno lassù: di aver resistito ed essermi impregnato di volontà benefiche ma è inutile se intuisco il tracollo prossimo: cedendo. Alle malelingue assopite sempre meno, risvegliatisi sotto l'egida dello spirito millenario che in me si millesima in gocce di curaro: occultandosi; alla mia coscienza senza specchio da consultare: non vedo. Così inconsapevole della circostanza e arreso a questa metamorfosi che traspare solo dai lineamenti che mi rivesto in volto, mi ritrovo ad affrontare coloro i quali con mia sincera e naturale predisposizione detesto. Malgrado le mie buone intenzioni. Rischiando nel combattimento una voragine di sfiducia: e da rivedermi su ogni malefico passo. Ma per ora; sono sicuro ed imperterrito e il mio spirito delinea in ordine sagace ogni nemico. Da cui non soccombere affrontando in mestizia e rinuncia calcolata nel mettere a fuoco le loro carni rosolandole. Di ciascuno, in modo da allietarmi al momento giusto degustando il pranzo o cena che sia, come si conviene. Cibo offerto dal cadavere del nemico: in questo programma che nella mia testa scorre; e con sollecitudine non più tranquilla viaggio sulla strada di campagna osservando fuori dal finestrino dell'auto e mi vedo. Seduto ad una tavola imbandita con ogni ben di Satana. Dove la carne rosolata del mio nemico è alla brace e mi viene servita in livrea aristocraticamente su vassoi d'argento, ma preferisco quella  allo spiedo e non mi sfugge lo stufato di somaro, con la coscia della gamba: prelibatezze per il mio palato. E discetto tra me e me sgranocchiando l'osso di chissà chi; percorrendo la strada tenendo fermo il volante tra le mani supero borghi, cittadine, campanili, chiese, colture, abbaini, cianfrusaglie, uccelli in volo, anatre nello spostamneto tra i canneti d'orati, tralicci con nidi di cicogne alla sommità, pioppi non sempre arzilli, querce da rianimare per la primavera, la limpidezza dello scorrere d'acqua anonima nel fosso: ad un certo punto uscendo come da pensieri tenebrosi. Tutto pare sia svanito come ad esser stato preda di un fuoco istantaneo e irrazionale ora svanito; arso e stropicciato mi riprendo un po' di serenità e dico muovendomi nelle labbra << ...mi armo di preghiere e... mi faccio prestare gli occhi duri di chi... la dura ...la vince >>.          

Nessun commento:

Posta un commento