sabato 25 gennaio 2014

duecentoquarantasette



- Horace Piotto l'uomo col revolver -

Sulle prime quel suo viso di positivo non ispira nulla. Tesa ed asciugata sugli zigomi la pelle, ha tutti i lineamenti che paiono incorniciati in un nervosismo ricucito e sedato sino a raggiungere gli strappi riordinati nel dominio di sè ostentando, in una postilla remota degli occhi, un tuono estratto vivo e che aguzzo scintillante si ritrae vacillando in un pretesto: esploderebbe in ira funesta. Con nulla di buono per chi gli sta di fronte; e il tracollo imminente, ma che in lui non avviene; lo sorseggi in una costante preoccupazione; registrandolo nell'animo al minimo dei giri; e quell'equilibrio che dimostra, non te lo spieghi come possa reggere; se egli discutendo quella tensione che percepisci, realizzi che la sentivi sin dall'incedere, vedendolo; distolto e guardingo come quando hai l'attenzione acuminata e un'arma nel fodero della cintura; comprendi come quest'ira, egli la innaffi tutta, potendo stritolare ciò che lo disturba, in un mix di lucida follia e saggezza. Trasferendo la propria possibile e fattuale ira nel livore tenue d'un mescere battute dallo spirito di serpe; le quali ondeggiano tra il sarcastico il velenifero e la continua rinascita beffarda, in quelle parole non sempre elaborate e forse da strutturare con più ponderazione, ma terapeutiche in quel fuoriuscire dai denti; così egli pare si ritrovi su quel filo dell'equilibrio senza mai precipitare. E le battute paiono nascere da una mente solipsistica, e il più delle volte tu comprendi, nel credere d'intendere come il destino di molte di esse sia di essere perdute nel tran tran quotidiano, per l'incapacità che cogli in lui, di sostenere una tempistica adeguata con qualcuno che non sempre c'è, o è a disposizione per poter esternare alcunchè, o semplicemente perchè, non si può dire a tutti cosa si pensa di loro. E paiono nascere e morire queste sue battute, per sè stesse, con l'unica funzione di alleviare quel suo sguardo sfrontato e temerario sul mondo; egli lo penetra rapido come i bossoli dell'arma che detiene alla vita, fossero esplosi e lanciati verso il bersaglio nella loro missione. E lo vedo passeggiare ostentando una noncuranza dettata dall'andatura quieta e dalle mani infilate in enrambe le tasche; riflettere dalle labbra screpolate come si screpola il fango sotto il sole, un disgusto inerte e ignoto nel rivolgerlo agli altri; sostenendo quel passo nel deambulare ricordando l'esilità e la leggerezza d'un'architettura morfologica d'una zanzara; e di certo il fisico non gli è d'aiuto per intimorire qualcuno, ma percepisci che egli emana un qualcosa di folle e inesprimibile. Qualcosa di sotterraneo, da cui guardarti. Poichè se discutendo con lui comprendi che la sua mente è impostata come si imposta il linguaggio informatico, che per altro egli comprende assai bene, questo, ai tuoi occhi, lo rilancerebbe come più affidabile umanamente e meno incline alla bestialità pur aumentandone per contraltare, quella sua pericolosità percepita in prima istanza, dal suo semplice esistere e deambulare davanti a te. Ed è la gentilezza con cui lo accolsi, che si fa solido artefice a scardinargli la ritrosia verso i rappresentanti di quel mondo che pare egli giudichi con disprezzo, conquistandomi la sua benevolenza; e la battuta con cui mi saluterà abbassando il finestrino della vettura nel congedarsi non fa eccezione a quello che ho espresso <<...ehi...non credere che questa vecchiaccia che mi è venuta a prendere... sia mia madre...!?...>>. 
       

Nessun commento:

Posta un commento