martedì 11 luglio 2017

cinquecentoundici


- hic sunt leones -

La tizia non è ricercata nel biondo, il tipo con la barba curata ha i pensieri sulle montagne russe soffre di vertigine simula tranquillità. Mi chiede cosa voglio: la ragazza che ha di fianco dietro il banco è formosa indossa un'abito grigio il volto grossolano beve a collo l'acqua dalla bottiglietta ha stampato in viso l'espressione di chi attende risposta ad una domanda. I due carabinieri sbucano dal bagno con audacia militaresca e presenza scenica, uno inforca gli occhiali da sole, l'altro si allaccia la cintura dei pantaloni. Gli altri due avventori che sembrano del luogo, paiono carabinieri in borghese. Uno ha  un cappello da baseball in testa, l'altro fa il ragazzino con la faccia normale da pensionato indossa una t-shirt a righe verticali, legge il giornale ma si vede lontano un miglio che non si fa gli affari suoi. I due pensionati diciamo cosi, paiono matti, o perlomeno turbati da una monomania, non so cosa me lo faccia pensare; niente, è semplicemente la postura dei pedoni sulla scacchiera della hall di questo bar di periferia. Ricordo la medesima scena in un luogo analogo con persone sui generis. Fu quando entrai al bar di fronte al manicomio - Il barista mi chiede nuovamente cosa voglio, gli dico " un caffè scecherato ". - Fu un'esperienza curiosa, ricordo che uno di questi avventori minacciò una ritorsione alla barista, la quale con una calma serafica sfoderò come da copione una risposta efficace, che il sui generis, accettò senza controbattere, nelle proprie dinamiche mentali, rimanendo zitto, si sedette cercando un angolo nel bar. Un altro sui generis con una giacca di pannetto marrone aveva guardato la sceneggiata con l'espressione torva riprovevole di fatto non intervenendo e non sarebbe mai intervenuto, nello sdegno facendomi comprendere che quella era la sua espressione standard. Il silenzio dopo il diverbio si era appesantito lasciandomi ipnotizzato stranito su queste figure aliene, le quali non erano le uniche in quel bar, ma con mia somma sorpresa riempivano il locale. Mi resi conto che ero capitato in un bar frequentato da sui generis, scriteriati, svitati, forse con istinti omicidi; per un attimo mi sentii perduto se non fossi uscito immediatamente, mi sentii animale in trappola, ma allo stesso tempo ne ero affascinato. I loro volti contorti / spiritati / girovaghi / gemellati al vacuo / all'impossibile / mai sereni sempre profondamente convinti di qualcosa di micro o qualcosa di macro, mi si svelavano vieppiù rimanevo a banco a sorbirmi il mio caffè. I due pensionati che paiono carabinieri, non sono sui generis, evocano la particolarità, in questo caso evocano un momento che avevo completamente perduto nella memoria. La tizia non ricercata nel biondo, siede alla cassa ha il telecomando in mano e cambia il canale di trasmissione. Il DJ con i baffi seduto nello studio ripreso dalle telecamere dice un'ovvietà al microfono. Il carabiniere col volto che non si sviluppa in fuori, ma rimane nell'ovale come una civetta si siede. Quello con gli occhiali da sole, ha un sorriso d'intesa con la tizia non ricercata nel biondo, la quale contraccambia. Tre facce da zingari entrano nel bar. Pago il caffè. La famigliola a colazione all'entrata seduta a tavolino pare sia in preda ad una nevrosi da consumo croissant, ma riesce a parlarsi gutturalmente. L'insegna del bar non l'avevo vista all'entrata, la noto rotta all'uscita, le vetrine sporche rendono il bar una spelonca, di quelle notturne frequentate da tagliagole pendagli da forca con le risse all'ordine del giorno che creano intesa e socializzazione da periferia. Nell'andarmene provo una sensazione di leggerezza. Accendo il quadro.      

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