martedì 11 luglio 2017

cinquecentodieci


- Taranto -

La quantità dozzinale, il pattume in angoli abbandonati, il ponte sul golfo, le innumerevoli cisterne numerate 3035 / 3036 / 3037. Nella rada del porto navi militari, altre mercantili, enormi montacarichi, i tubi rossi di vernice che fuoriescono da terra si sviluppano raso terra, un piccolo volante nero ad ogni giuntura, il non veder volare i gabbiani, solo alte ciminiere di mattoni, gli edifici abbandonati, snodi rotonde astratte: qui probabili, qualche cane spelacchiato sul ciglio della strada i negri dal volto combusto in fila indiana sfiorano il guard- rail. Altri seduti attendono l'autobus sotto la pensilina. La sterpaglia è padrona ovunque. La canicola non impensierisce, il mare una striscia scura in orizzontale compare sui tetti delle abitazioni. L'immancabile refolo del vento sale, disarciona ciò che è leggero, lo sovrappone ad altro, riordina caoticamente il disordine precedente, poi alberi dal tronco annerito dalle fiamme. In questo reticolo di vie, rotonde, lavori in corso, il navigatore continua a consogliarmi la seconda uscita / poi - ricalcolo percorso -.L'indicazione storica sul cartello marrone recita - segui le orme dell'antica Grecia- mi suona ironico. Nel brutto che segue il fatiscente, nel ciarlatano che precede il mediocre, il fiacco, lo sfinito, il deplorevole, al mai colpevole, nell'immunità di chi pensa gretto / ghetto, e realizza peggio, nel socialmente distratto, al popolo umiliato, di questi pesi morti responsabili, mentre guido mi viene alla mente il ricordo d'una lettera letta alla radio, di Pericle " la superiorità di Atene è per la ragione che gli ateniesi sono tutti filosofi e tutti amano il bello ".    

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