mercoledì 19 febbraio 2014

duecentosessantacinque


 - il contadino e il suo destriero -


Nonostante sia inclemente il giorno rottosi nel firmamento da acquide finezze nuziali; al congiungersi con l'aria che la trapassa giungendo sui terreni appagandola nell'abbeverarli in santità: il contadino fitto di sguardi ai cieli si calibra di conseguenza modificando i propri piani; di lavoro sempre certi per quanto incerti; e col trattore che scoppietta di frastuoni discordanti e sbuffa; come nel far parte di una genealogia equina nuova e antica; sulla sella su cui siede, presso il filtro bianco posto in direzione del piede destro sul pedale il quale come un foruncolo sul crinale del motore sporge nudo; sterza il volante volgendomi lo sguardo, controlla il carro in coda; che va trainando a semi cerchio nella manovra che esegue, non tocchi di qui o di la. E finalmente entrato nel piazzale come un cavaliere uscito dal tempo antico e meccanizzato sul suo destriero, si piega in avanti tirandogli la leva del freno a mano. Spegne il motore e bivacca in sosta. Guarda attorno, scende accuratamente. E venendomi incontro noto il volto vivido e vivace dalla lirica del suo lavoro; le guance arrossate dalle intemperie gli esplodono miti e assorto e colmo di anni e gesti egli indossa la tuta lisa e pulita; mi annunzia come il  carattere possa essere verecondo nel folto del lavoro per lo più manuale che quotidianamente compie; ne sono la prova i calli sulle mani, una catena montuosa in miniatura che muove nella mia direzione; dando intensità alle parole che mi rivolge: ci ritroviamo a dialogare. E silente mi cattura l'animo, poichè ciò che dice m'isinsinua come una poesia vitale e d'interesse per il mondo odierno, da cui non si sente escluso nei ritmi, per quanto egli senta di esservi lontano; non rimproverandolo per alcunchè. Innesta la misura del rispetto e gioia nei riguardi di una meraviglia che gli pare semplice; e che il buon Dio è una certezza su ogni cosa; confermandomi di ottenere la sua felicità per quella strada intrapresa nell'intimo, foriera di conquiste e sconfitte; la percepisco esser proferita mestamente dalle sue labbra cruente assomigliano a carta abbrustolita. E parlando mi dice che le pere sparse su quelle biolche su cui tribola per guadagnarsi il pane son beccate dalle gazze; e che le ghiandaie son certamente peggio, se celermente s'involano non imprigionandole mai:  poi ritornano sul raccolto che di questo passo andrà marcito. E tuttavia nella faretra dello sguardo; questo contadino ha imparato ad apprezzare la furbizia o la stoltezza del regno di cui fa parte: arte di quel buon Dio che gli desta gli occhi di candore e di effervescenza; e sorride nell'illustrarmi i dettagli di quella caccia ai Corvidi, a cui vi attribuisce i valori di cui è sempre grato.           

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