lunedì 10 novembre 2014

trecentocinquantanove



 - il giardino di Zen -

sul prato steso Zen ha lo stelo di un fiore in bocca; masticandolo assapora il calore del sole: ad occhi chiusi vede le vie della propria mente concentrato ad intercettare le parole che vi transitano. Le prime sono: <<...ventre, maledizione, felicità, fondamenta...>> Zen memorizza immediatamente, ma altre parole venendo lo costringono a prestar attenzione <<...l'oscurità, benedizione, l'orifizio mefitico, felicità...>> rapidamente stabilisce la priorità dei gruppi dividendo le parole dai tempi di arrivo su un foglio ne scorge altre <<...grossolanità, inutilmente, glorioso, comportamentale, creare, utilità...>> e si ascolta attentamente guardandosi attorno, stranito in quel luogo, come giunto da un posto remoto e inizia la ricostruzione in movimenti organici alle parole. La prima frase la risolve in questo modo: la felicità senza fondamenta è la maledizione del ventre. La seconda: la benedizione dell'orifizio mefitico è la felicità dell'oscurità. Infine la terza: la grossolanità dell'utilità non crea inutilmente comportamenti gloriosi. Zen osserva ciò che ha scritto decidendo che la terza frase è quella che più gli piace; se la trascrive su un foglietto la mette in tasca: e alzandosi passeggia leggero per la città con una sensazione interiore ottimistica. Le altre due le conserva con le altre.     

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