lunedì 31 marzo 2014

duecentottantotto

-   Von Oliver Buitre  -

Lo conosco fin da ragazzo col sorriso, spensierato, e il desiderio della risata sempre sulle labbra. Lo vedo raramente, ma quando ci incontriamo è rimasto tale ai ricordi. E m'ispira simpatia in quel sorriso e nel desiderio di una risata sempre disponibile che non è semplicemente l'idea di un ricordo personale e irreale. Tutt'altro. Col sorriso riempie l'imbarazzo dello spazio, se mai facesse capolino da qualche frattura iniziale, e avvicina la distanza nell'incontro mantenendo i convenevoli nella grazia d'una maestria affidabile per inclinazione come a combinare affari economici, o affari nascostamente sentimentali; è così da sempre, da ragazzo aveva lo sdegno velato in volto per una condizione di miseria che notava attorno a sè; nel percepire esistente, sebbene non fosse mai nè superbo, nè altero, di fronte a questa miseria,  risultandogli concettualmente remota come quando per vocazione non devi averci a che fare; ma da accettare esistente e possibile per l'umanità. Escluso lui. Che di fronte a quella miseria materiale si ritraeva schermito. A partire dal proprio volto, dove la fortuna aveva posato le sue grazie, scacciando ogni miseria materiale, e il portamento che mostrava nobile non eccedeva per non risultare snob e indispettire, zittendo chiunque con la sua agiatezza che non aveva ma che avrebbe raggiunto convinto che la fortuna che normalmente è cieca, egli le avrebbe slegato la benda sugli occhi e l'avrebbe accompagnata con sè facendoci l'amore; come avvenne nella realtà; la stessa realtà che gli fa intuire la distanza abissale tra noi e nonostante ciò non commette mai l'errore di sottovalutare l'amico di un tempo, accettandone la diversità. Una cosa puoi notare parlandogli: presumi si protegga dai superficiali sentimenti umani amando i cani; e la morte non è contemplata nel suo perimetro mentale. Quando compare diventa serio, e la guarda negli occhi, tentando di capire se per un uomo agiato quale egli è, sia comprensibile nella morte non percepire più nulla di ciò che si è ottenuto dalla vita, e se sia così impossibile che la vita ovunque così densa, non abbia creato uno spiraglio nella tenebra per realizzare ciò che egli desidera di più. Portare il suo mondo materiale nell'aldilà per garantirsi un tenore di morte elegante: gli occhiali da sole, il giubbotto primaverile col collo di pelliccia, passeggiando in bicicletta trainato dal cane effervescente che corre avanti con la lingua penzoloni; egli sorridendo ti saluta e spensierato avrebbe l'immancabile desiderio di ridere anche nel regno delle anime.                   



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