martedì 26 febbraio 2019

cinquecentoquarant'uno

La luna oggettivamente fragile soggettivamente difficile, partecipa al solito al bazar del mantra edera oro lanterna nella valigia di Etere. Tra le montagne il diniego. Iris con la go-pro in testa narciso avvolto in pelle Louis Vuitton, sferra una diagonale acciambellato sul treno. Un vagone dietro l'altro supera la vetta della moka. Seduto, la canna da pesca sul beccuccio nel lago di caffè in tazza, Galene muove il tornello, rapito dalla punta dei capelli ripete la sfida di mille antenati; stretta di mano a Epiphron col piede di ritorno; abbraccia il cappello da macchinista. La polvere dalla strada si solleva stellata in un nugolo di calabroni con le ali da elicottero. Cillaro la foglia di vite sulle pudenda, migra sul treno. Seduto sotto la tettoia nell'abito di lamiera, lo spaventapasseri beve il drink: l'arsura si spegne. Qualcuno dimentica un paio d'ali di carbonio sul cofano della vettura, l'amore con la bambola gonfiabile è priva di braccia, avanza un'onda tridimensionale d'amore d'acqua marina enorme. La tavola da surf sulla cresta del gallo fluttua le parole dalla visiera a oriente, col cappello di schiuma non si è mai perduti. Il cigno in technicolor adagia il becco sulla valigia con la lanterna. Accesa sotto il gabbiano appollaiato nella conca legge le note dello spartito terracqueo. Nel vaso circolare l'eco del passaggio del treno tra le colline: il canneto, il fiume turchese, la doccia di penne. Con lo stop di petto sorvola sino ad ammarare precipitevolissimevolmente sulla tavola da surf di Oupis, il quale vira coda di cometa nell'abbazzia sulla rocca. Il pesce a forma di cuore salta, coperto del ponte si scansa e fugge; si mimetizza nell'universo. Cillaro non raddoppia la marcatura nonostante sia in prima classe. Vede i canidi cremisi presi per le corna sul treno. Nel corridoio di due gambe un cespuglio di corallo di gorgonia in testa, attraversa la città uscito dalla stazione. Non si vede più. Suppellettile tamagochi.               

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