giovedì 1 maggio 2014

trecentootto

 - la liberazione -

dallo sguardo indolente di uomini poggiati alla ringhiera del terrazzo; dai sessanta euro di gasolio per il rifornimento; dalla chiacchierata con l'amica che parla sottolineando le cose che va dicendo; dalla mia intenzione di vedere il mare racimolando slip, teli da bagno, ciabatte, un po' di cibo, tutto infilato nella sacca; dalla volontà di dedicarmi la giornata; dai pensieri tenui di un amore ormai lontano che non è più; dalla festività Domenicale nel mostrarsi soleggiata di poche parole, nè ombre nè artigli, serena nonostante sia venerdì; da questa bugia innoqua temporale; dalla corsia dell'autostrada, dall'autogrill, dal banco del bar dove una coppia inglese chiacchiera sorseggiando il cappuccino; dalla volontà di un caffè che mi rigeneri i nervi intorpiditi; dai 36, 58, 168 minuti del cartellone digitale che informa i viaggiatori i minuti di attesa al casello delle uscite balneari; dal cambio d'idea e dalla ss9; dalla via del ritorno con la bottiglietta d'acqua tra le mani e l'ultimo sorso per finirla: venivo da tutto questo oggi. E ora camminando lascio alle mie spalle alberi ad alto fusto che sgocciolano al sole; il campanile e i suoi rintocchi dell'ora e della mezz'ora addentrandomi nella garzaia; calpesto il tappeto di rami rinsecchiti; ascolto gl'innumerevoli incipit di uccelli sulle fronde: cinguettii, gorgheggi, che leggono lo spartito tra le nubi scure; ai piedi degli alberi, vedo depressioni lacustri e qualche spiazzo verde illuminato; mi siedo su un tronco non muovendomi. Udendo ringiovanire i timpani, la vista, le braccia e la pelle della schiena nuda; la quale scotta quando i raggi millenari mi disegnano la loro forza antica trapassandomi sino al sangue, sino alle ossa, sino a sgranchirmi nei pensieri assorbendomi e introducendomi nel loro vivente rito: sono sacro in questa chiesa.          

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