sabato 1 febbraio 2014

duecentocinquantaquattro

 
- la filosofia di Agtrack -

Agtrack è un uomo esterno, indaffarato nel non far nulla. Ispeziona cascami di pensieri, generalmente luminosi che gli passano per la mente. E con gli occhi. Lucida gli angoli di porfido e i pianeti nel loro gravitare floreale, per poi raccoglierne i petali. Che in quel gravitare si son staccati, sollevandosi nell'aria, come musica per sordi. Agtrack in che luogo si trovi l'universo e perchè non cada, non saprebbe dire poichè è un uomo d'altri tempi. Incastonato nel contemporaneo urbanizzato che allungatosi a dismisura, al di là di ogni sua astratta aspettativa, gli restringe la campagna zona naturale di sollazzo venatorio. Sovente col fucile a tracolla puoi vederlo in bicicletta percorrere la tangenziale con in capo un cappellino rosa scolorito che pubblicizza il mangime, non umano. Mulinando nelle pedalate le gambe galvanizzate dalla caccia, col busto ingessato e in erezione che va fiutando. Flussi aerei sgranando gli occhi, come satelliti tiroidei in eruzione, in quel cranio teso nei muscoli del collo, e del corpo tutto. Innalzandosi dalla sella in bicicletta, come se si trovasse su un destriero nel passare salutando un invisibile graduato in passerella. In realtà Agtrack va vedendo la campagna e chi ci abita da millenni, privo di parola e indossando il pelo. In contro luce. Con la mano sulla fronte osserva il panorama saltellando ritto nelle gambe sui pedali, che lo accompagnano scomposto in un movimento cinetico ed eccitato come se vedesse, la presenza di una preda assai possibile. E batte il pesce cardiaco in petto, al prode Agtrack in perfetta forma. Sulla bicicletta, la quale sul portapacchi dietro, ha posizionato la cassetta vuota di acque minerali, legata con lo spago e un fiacco fiore al bordo, raccolto tra i rifiuti; l'unico segugio per la caccia. Agtrack imboccata una contrada e scelto il punto esatto, si lancia all'inseguimento di nessuno, correndo e atterrando di corsa.  Mantenendo di lato il manubrio saldo e la manopola di madreperla in pugno, con la mano che da lì a poco si staccherà per imbracciare il calcio del fucile. E frigge in un eco la catena dentro il carter, con un rantolo all'indietro Agtrack va declinando piano il mezzo a terra, sfregando con la coscia la bicicletta, per poi abbandonarla sopra il ciglio del fosso. Dentro il quale si stende. Rimanendo ore e ore immobile come un marines; simile ad un animale. Goffo. E gli abiti così, gli si impregnano di selvatico, dice lui <<...è fondamentale...>> sfregandosi il terriccio sulle guance. La lepre in quel silenzio e dopo del tempo si avvicina. Fidandosi. Seppur guardinga. E si narra che l'ultimo rumore di questo mondo che la bestia ode sia: ...pow...! esploso in un colpo infuocato: raramente due. E vedi Agtrack sulla sua bicicletta andare pedalando e dietro, le orecchie lunghe della lepre, sbucare flosce scivolare dall'alto verso il basso, e di fianco il fiore fiacco sul bordo della cassetta mentre Agtrack . Pedala con gioia sulla via del ritorno impugnando una sottile corda nel trascinare come su un palcoscenico il sipario striato cremisi del tramonto. Non c'è che dire: Agtrack è un uomo scomodo.    

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