giovedì 26 aprile 2018

cinquecentotrentaquattro

La giovane donna ha la voce leggera, usa parole rispettose, a volte gergali; si percepisce, lo fa per convenzione, non le piace, non le viene bene. I due ragazzi seduti con lei ribattono a monosillabe. Lei sorride, ribadisce tranquilla, ri-sorride a uno dei due: pare contrariato. Altre parole di lei ai ragazzi: annoiati distratti annuiscono; uno dei due con l'espressione contrariata si alza dal tavolo, se ne va. Lei sorride, pensa se ne sia andato per chissà cosa: fa una smorfia. Parla al tipo col cellulare in mano che è rimasto a sedere disinteressato, il quale pare essere il suo ragazzo. Lei si alza, guarda in direzione dell'uscita. Mostra sotto la giacca mimetica una meravigliosa pancia. Il viso è luminoso, come il volto di una donna in un quadro fiammingo. Il suo ragazzo alza lo sguardo per osservarle il volto e cosa ha in mente di fare: lo riabbassa sul display luminoso; allunga la mano, afferra il bicchiere, palmo polpastrelli sulle scanalature cubetti di ghiaccio due sotto due sopra rabbrividiscono tintinnano, l'onda superalcolica fluttua. Vetro vs labbra, in un sorso ingolla il wiskey: si alza. La segue all'uscita. L'altra sera rivedo la ragazza: non ha la pancia. Se ha partorito ammesso che fosse incinta il figlio è a casa da sua madre suo padre. Tengono il/la nipote. Lei esce. Non so. Del resto è così giovane che aspettarsi che partorisca, sebbene ne abbia l'età: è come augurarle il male per tutta la vita. Sorrideva non mi pareva fosse così preoccupata da vivere una vicenda simile come mi è venuta in mente di descrivere. Forse ho interpretato male ciò che ho visto quella sera e forse la ragazza è e sarà ragazza per gran parte della sua vita. Come il sistema impone: l'estinzione umana ragionevole.         

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