domenica 29 gennaio 2017

quattrocentonovantasei


 - Black sacred -


Busso mi apre la porta, la ragazza robusta mi chiede cosa voglio, le chiedo se posso entrare per vedere. Guarda in sala, si gira, mi risponde si. Il padre della ragazza, mi dà un'occhiata, un cenno col viso mi indica dove c'è un posto. Vecchie seggiole da cinema. La ragazza robusta ha modi cortesi parla il mio idioma, con lo sguardo mi segue nei movimenti. Il padre si accerta che come ospite sia seguito. Nella sua lingua dialoga con figli amici che mi sia fatta la traduzione. La figlia mi chiede se ho con me la Bibbia, le dico a casa, sorride alla risposta, mi sento ingenuo, dico no, ne trova una su un tavolo, me la porge dopo aver cercato il passo di cui la sacerdotessa sta parlando. Daniele capitolo 10. La sacerdotessa riassume il brano, commenta, chiede, da risposte. Parla al microfono l'alto volume non disturba nessuno. Dal piano superiore cui si accede da una scala laterale interna in legno come quella che ho visto in un film girato a New Orleans, si sente provenire una musica da ballo. Sacro profano si tollerano . Nei momenti di silenzio della sacerdotessa, la musica spensierata scivola sulle nostre teste come il gioco di un bambino in un luogo sacro; quando la sacerdotessa parla la ragazza mi traduce; termina di commentare il brano di Daniele della Bibbia, racconta un sogno che fece. L'alto volume della narrazione induce la ragazza ad avvicinarmi la bocca all'orecchio per tradurmi il sogno, incontro un'onda con la vista, la sento di capelli femminili puliti sulla maglia. Nel sogno la sacerdotessa incontra un Demonio che la inganna, lei si accorge dell'inganno attraverso i fiori che sono di fuoco. Il padre della ragazza mi guarda, guarda la ragazza senza dire nulla. Provo un attimo di insofferenza, non ho capito tutto quello che c'era da capire, la ragazza mi ha distratto. Non è colpa sua, la giovinezza mi distrae. Davanti a sè ha il futuro che io ho bruciato e non ho più. C'è uno spirito che vale la pena di conoscere dentro la gioventù, di purezza, non intaccato dall'esperienza; quel modo di vedere il mondo che può salvare il genere umano. Vorrei essere attorniato non da amanti, ma da figli figlie, che generano questo sentimento nell'aria che può respirare chiunque, senza morire prima di scomparire dal creato. La gioventù non mi manca, mi manca la giovinezza attorno, la spensieratezza, il senso di futuro del futuro, che mi / ci è stato depredato, sostituito dalla vecchiezza, dal senso ridicolo che mi / ci pervade ammorba l'aria come consuetudine, normalità di vivere in realtà si sopravvive, poichè la giovinezza che non intacca la nostra società rinsecchita, ha uno spiraglio di luce che irradia gli esseri viventi rendendoli rivoluzionari per il fatto di essere / esistere. Le società giovani squassano l'ordine se si regge ingiustamente scorre il sangue. E il sangue ha fascino / energia, sul sangue si costruisce la via luminosa per ringiovanire la società. La ragazza intuisce un imbarazzo per qualcosa che non sa definire, l'imbarazzo per aver avvicinato e aver percepito la mia diversità di uomo. Curioso, se sono in quel luogo religioso che evoca la patria africana lontana dalla città in cui viaviamo e lontana da me che sono un bianco. La ragazza si allontana aiuta la sorellina a risolvere un intoppo, parla col fratello il quale mi guarda come si guarda l'anomalo con rispetto, torna, nel momento in cui torna, mi alzo dalla seggiola le guardo i capelli voluminosi: la ragzza incinta più in là, il bambino cui ho risposto con una smorfia, il padre assorto nel sermone, la moglie uscita dal coro delle donne gospel. Le allungo la mano per salutarla, allungo la mano al fratello, mi volto, chiudo la porta cigolante, guardo la scala di legno obliqua che porta sopra dove suonano ballano, esco all'aria. La notte. Un gruppo di ragazzi infreddoliti col cappuccio calato in testa a rapper metropolitani mi guarda di spalle andarmene tranquillo.                            

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