domenica 7 febbraio 2016

quattrocentocinquanta

 - la isla minima -


Entro mi accorgo di aver sbagliato cinema: la proiezione è un'altra. La cassiera m'indirizza nella via dove si trova il cinema che cerco. Mi avvio per raggiungere il centro storico dove percepisco tutto essere staccato dal contesto: come quando trovandomi a Londra presi la metropolitana da Brixton, quartiere nero; scesi a South Gate accorgendomi che l'etnia del quartiere prevalentemente stanziale era di razza bianca. Escono dalla porta di un'osteria due ragazzi cui chiedo se nei pressi sanno esserci il cinema. Una decina di metri e mi sento chiamare dai due che mi hanno appena indicato dove trovarlo. Lui viso da facoltà di veterinaria e l'amore per l'architettura, mi confessa che nonostante sia del posto, il dedalo di viuzze lo confondono; viso da giurisprudenza, sensibile, gli occhiali e il garbo dello studio lei, mi si avvicina con il telefono in mano dicendomi con spirito da espoloratrice << abbi fede >> cercando col navigatore il cinema. La voce del telefono sentenzia << 140 metri avanti prima sinistra >>. E si offre di accompagnarmi, mentre lui è già partito a segugio, annusando luogo e via come se la ricerca del cinema fosse un fatto personale da risolvere. I ragazzi nel non aver il senso dell'orientamento nella loro città, hanno qualcosa d'indefinibile tra l'ingenuo e la bellezza che li distanzia dalla realtà consegnando il mondo all'orrore. Il palazzo costruito dai gesuiti nel 1800 ci si para davanti in tutta la sua imponenza: il cinema è dentro. Mi dirigo alla cassa piegandomi chiedo se sono in ritardo; la cassiera che ricorda una di quelle che si scaldavano con i copertoni bruciati nelle periferie urbane, in spirito e ruvidezza mi fa : << ti aspettavo 1 ora fa !? >>  ! Non insisto a chiedere altro, in più mi spiace disturbarla mentre chiacchiera con le sue amiche che in tre su una sedia nel gabbiotto angusto della cassa la sono venute a trovare. E' seduta alla cassa col volto che ciarla, trucco leggero e sbavato, la permanente sfiorita che fa pandan con lo sguardo rivoltomi mentre esco; la sento aggiornarmi << c'è un'altra proiezione domani sera, se ce la fa !? >> con la testa le invio il cenno di aver capito ridendo tra me penso che è stronza al punto giusto: la scritturerei per una gag surreale. Via delle rose è nome poetico e la imbocco; un uomo fuori dalla cucina del ristorante indossa la giacchetta bianca i jeans ed è intento a digitare al telefono; gli chiedo dove posso bere una birra e una pizza, anche da asporto. Mi indica laggiù; scambiando il saluto con un tipo davanti a noi, vestito da uno che abita nei paraggi; il quale passando mi fa <<  gli hai chiesto dov'era una pizzeria !? >> << ma sai a chi l'hai chiesto !? >> gli risponderei ..e a chi lo avrò mai chiesto, al presidente della Repubblica !? << lo hai chiesto al cuoco più famoso del mondo; qui c'è il ristorante più famoso d'Italia !? >>  dicendolo come se avesse fatto goal nel derby tra scapoli ammogliati << e va beh>> gli rispondo << mica potevo chiedergli un tavolo al suo ristorante, spero che non si sia offeso !? >> guardando la sudamericana sobriamente vestita che esce dal ristorante in coppia, concentrandomi da uomo che guarda culo di femmina.                

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