domenica 31 gennaio 2016

quattrocentoquarantanove


- Carol -

Il cinema è nel centro storico; la piazza poco distante è dedicata ad un personaggio risorgimentale; la strada consolare costruita da Marcus Aemilius Lepidus sfreccia su migliaia di cubetti di porfido sotto gli occhi dei passanti; laggiù so esserci la sinagoga, un colpo d'occhio: più avanti l'entrata a piazza Grande; davanti all'uscita del Duomo, la viuzza stretta conduce alle carceri chiuse; i portici illuminati inghiottono nel loro budello regolare, gente che va gente che viene; non lontano il cinema dismesso: negli anni 70 vidi il film - Pasqualino sette bellezze - locali, negozi, marciapiedi, la chiesa dà il nome al quartiere; levo lo sguardo, svetta la torre. Se poi al cinema proiettano - Carol - trascorro una bella serata: due donne elevano il loro sentimento d'amore ammantandolo di beatitudine. Costumi anni 50, la cura, l'eleganza, la bellezza di Rooney Mara e Cate Blanchett danno un senso d'incanto e libertà. Esco dalla sala; il sentimento femminile circoscritto al rapporto d'amore, mi fa percepire il tragico quotidiano nell'eccesso di volgarità di cui disponiamo, in cui viviamo, in cui siamo sepolti. Il regista Todd Haynes attraverso l'amore omosessuale tra donne, spinge la volgarità a male inesorabile, tirannia che consuma sottomettendoci ad illusioni seriali e conosciute, impedendoci il pensiero libero e artistico che alimenta la cultura umana, chiave per la risoluzione degli enigmi che la vita ci riserva; cultura condannata a morte per un delitto commesso senza una reale premeditazione, incapaci d'intendere di volere. Cammino in una sorta di liberazione e accrescimento, retrogusto dell'intensità dell'amore, che non colgo, nè percepisco nella cattività delle nostre città dai ritmi decadenti.Vivo l'alchimia difficile di sapere come la vita che indosso, sia costruita desiderabilmente sui binari del contrario.    

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