giovedì 20 agosto 2015

quattrocentoquaranta


 - Veliki Otok -  ( Slovenia )


 Il campanile eretto svetta circondato dalle lapidi. La donna in penombra annaffia i fiori di una tomba, posa l'innaffiatoio, sorride esce dal cancello. Oltre il muro di cinta vi sono alcuni piccoli campi coltivati, dai colori spenti. Alcune case dalle finestre illuminate sono abbarbicate alle rocce, il giardino si apre su strade scoscese su cui non ci sono passi che le percorrono. Il silenzio del campo santo si deposita sereno sul panorama e nelle mani di colori che usciti tramonteranno. Il fascino della vita entra nel regno dei morti. Il vecchio mi saluta mentre passo è con la figlia in piedi sulla ghiaia bianca; la ragazza accudisce il proprio figliolo con un gioco in mano. La giovane madre mi guarda senza vedermi, presa dall'attenzione per suo figlio e dalle parole che indirizza al padre. A passo energico con il volto all'insù ammiro la guglia del campanile. Lo zaino in spalla fà di me uno straniero. Gli occhi della ragazza mi ignorano. L'uomo mi vede entrare nel campo santo, mostra interesse e curiosità verso la lapide davanti cui mi fermo. Penso allo: stato delle anime; titolo di un romanzo che non ho mai letto. Lo comprai per poter amare profondamente la Sardegna. Ne lessi altri; tutti con una sorta di metafisica barocca l'onirico nella vita con presenze nei luoghi. Una magia ti segue, non avvicinandoti. Mi chiedo cosa mi distacca dal provare amore per questa terra, la Sardegna nonostante i romanzi che ho letto, abbiano qualcosa che li caratterizzi fortemente. Ogni scrittore porta con sé una porta chiusa sul tragico il demoniaco il sacro. Mi concentro sui nomi femminili sulle loro vite che non ho conosciuto di cui non so nulla: Marija; Franciska; Ivanka; Ana; Iva; Amaljia. Un concerto secco di sassolini calpestati mi accompagna mentre mi muovo da una tomba a un'altra. Guardo il cielo striato di rosso rosa sullo scuro per l'ultima volta il campo santo. Do un'occhiata mi volto cerco il vecchio con la ragazza per dar loro un saluto: non ci sono più. Il cancello è sempre aperto, lo varco ridiscendo lungo la strada silenziosa. Il gatto s'intrufola tra cespugli sfiorato dall'auto che sfrecciava a velocità sulla strada, si acquatta sul campo odoroso fresco di poesie non scritte. Dietro l'albero distante pochi metri, due occhi lucidi di un'altro felino sbucano dalla fitta penombra. Acquattato tranquillo sorveglia il panorama davanti a sé. Al buio di buona lena passavo con lo zaino in spalla davanti alla sua visuale, come corpo ignoto che si muove non nuoce se si allontana.       

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