lunedì 4 maggio 2015

quattrocentodiciassette


 - a mia insaputa -

l'albero nell'acqua si specchia odalisca, non odo fruscii. Mi raggiunge dal fogliame un nitido canto: è una croce; nera che vibra tra pennellate di nuvolaglia e vastità, si confonde. Con bramosia contenuta  la luce fissa l'umbratile esistere. Il viaggio mi appartiene ruotando nella diversità dell'uguaglianza. Mi ripeto mutando. La coscienza mi supera in volontà: partecipo alla ciclicità breve dell'eternità. Fisicamente mi dilato. Attraverso il presente vivo; nel concetto di futuro decadrò: intelligo così nel disegno universale. Facendone parte immagino per intero, razionalmente a mia insaputa.  

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