sabato 21 settembre 2013

centoundici 111

Nonostante l'amassi quell'amore su di me si rifletteva in modo pericoloso. Amarci, come ci amavamo fatto di esclusività mi riduceva nella stima, e nell'autostima. Lei tendeva a soffocare la mia esuberanza, col suo modo di essere, diffidente, guardinga, giudicando la società esterna, pericolosa per sè, la famiglia, e per tutto ciò che conosceva: insomma la società era sinonimo di minaccia, pericolo per la reputazione soprattutto. Nel buon nome da tutelare. Io fui l'amore che agognava ? si. Per divenire presto, il ricettacolo di tutti i difetti, che la società incorporava in quell'essere esterna minaccia. Ridivenendo. A figura di, uomo, fidanzato, e con ciò alleato, amico, confidente come colui che è, tramite tra la società che giudichi minaccia, ma che in quel suo esistere attraverso di me, depotenziava attenuandola quella minaccia. Con questa doppia mia valenza, di uomo intimo e uomo esterno dagli aspetti sconosciuti, Lei si innamorò di me. Per poco, non lo so, e non saprei nemmeno distinguere quale dei due aspetti nel corso del tempo, fusi in me, Lei amasse di più. Non saprei, ma so. Che in quest'idea del mondo, per Lei minacciosa ed esterna a sé, oltre a centinaia di uomini infidi e deplorevoli nei difetti secondo Lei, sempre mi nascose la sua attrazione per costoro. Uomini che non poteva possedere o farsi possedere, se non a scapito della sua reputazione, violata attraverso questo suo ardore freddo di conquista e di timore per la minaccia che serbava. Amava conquistare e poi dettare regole, come imponeva a me, e chi non sottostava, o non sarebbe sottostato, non l'amava. Questo era la prova per Lei. E dopo lungo tempo, ero sfibrato da questa dittatura a cui sottostavo e a cui non riuscivo a porre freno. Da allora iniziai a tradirla innumerevoli volte, mantenendo un equilibrio tra la sua capacità di amarmi e la mia capacità di tradire, rimanendo lindo. Andammo avanti così a non comprenderci credendo che la trama di cui eravamo protagonisti, meritasse di essere comunque vissuta. Certamente anche Lei mi tradii, sia astrattamente come ho ricostruito, che fisicamente probabilmente, anche se credevo allora, che Lei fosse pura come le parole che proferiva, e fosse incapace di tradirmi, come per Lei lo ero io nei suoi confronti; in una commedia viceversa, che nei suoi bassifondi risultava ipocrita e falsa. Punendo entrambi nei confronti dell'altro, a causa delle rispettive ingenuità, valutando che la giustizia terrena non interrompe le proprie trame qualunque esse siano, ma solo quella celeste può. E noi sottostiamo a quella terrena.         

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