giovedì 30 ottobre 2014

trecentocinquantadue



- l'occhio di Zen -


Zen è preoccupato per la sua realtà non più accettata con gratitudine ma incrinata nel significato; giorno dopo giorno due sogni opposti vivono occultamente nella coscienza e concretamente negli atti che Zen compie; il primo dà l'impressione di essere in divenire con l'aura della salvezza e dell'utopia vincolando in questo modo Zen; alla realtà la quale scomparendo dà l'opportunità di rincuorare il secondo sogno; tenuto in considerazione come fosse una via di fuga fisica e mentale, ma altrettanto concreto, compare o scompare nel caso che il primo si allontani o svanisca d'intensità; Zen teme questi due sogni poichè conosce la forza che esercitano nell'imo dell'uomo quando la realtà è misera e di poco conto; Zen dice a se stesso, che è l'amore che organizza i due sogni fuori dalla realtà, autori di quell'insicurezza che percepisce nel vivere il consueto; allo stesso tempo razionalmente sente di poter dire che vivere la realtà senza seguire i propri sogni significa abdicare a quell'amore; Zen di tutto ciò è consapevole e non interrompe dentro di sè nessun flusso oltre ai due sogni preponderanti, vivendo internamente ed esteriormente sia i sogni sia le correnti di senso e nonsenso che lo trapassano; al momento opportuno, dice Zen, la vita e i sogni in un punto esatto del destino, gli indicheranno la via più equilibrata. Zen riflette e aspetta su tutto questo pur essendo fortemente annoiato. E non esclude a volte di anticipare la sua voglia di seguire i propri sogni, per quanto, la razionalità gli dia l'esatta misura di come questi sogni per quanto seducenti, siano immaturi. A Zen non importa e desidera amarsi e prendersi cura di sè, e in questo è determinato.             

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