giovedì 23 gennaio 2014

duecentoquarantasei

 - la vacanza itinerante -


La notte a Venezia, col buio a passeggiare tra le calle, osservando gli angoli dei bar camminando su e giù dai ponti; la ragazza di Villach al mattino: dolce e ingenua negli occhi limpidi e attillata nei jeans con quel fondoschiena strepitoso; l'allarme antincendio a rompere la quiete, con le camionette dei pompieri che escono dal garage dietro la chiesa che svetta bianca sulla motta e il melo accanto che nelle radici vede i propri piedi riva al fiume Inn, in questa zona di Passau, con il Donau più in là che s'incontra col Danubio; la giraffa tra gli alberi di alto fusto, gli elefanti da lontano vicino al muro, e la panchina presso la staccionata del minuscolo acquitrino con una bocca che addenta un panino allo zoo di Monaco ordinato nella sua consuetudine selvaggia, dove nella gabbia e poi all'interno dietro la vetratra i due drill si rincorrono sino a che il maschio nero blocca la femmina minuta sul soppalco: si accoppia con nonchalance guardando i turisti senza interesse, mostrando alcuna espressione ma serietà e proprietà, in quell'atto scalmanato, suscitando le risa degli adulti e le domande dei bambini; e la fuga dal porto di Lindau sul lago e quella tra le montagne di Dover dove il lusso è stucchevole debordando dai sensi: e per rimanere intaccati; i luoghi di preghiera nel campo di concentramento di Dachau: Cristiana, Ebrea, Protestante, Russa Ortodossa e la in fondo il convento delle suore dalle fattezze teutoniche, che si animano nella messa in lingua germanica ogni giorno, per quei detenuti che non esistono più, rimossi dalla vita, ma non dalle preghiere e non dalla storia che ricorda l'orrore di cui è capace l'uomo; la giovane donna sul piazzale ghiaioso, e quella seduta sul muretto che controlla le proprie scarpe dietro gli occhiali da sole; la metropoli di Zurigo nella bellezza delle sue sopraelevate con la frenesia ovunque dei semafori nel rosso, ora giallo, e vai col verde, tutti luminosi a rompere la notte attraverso le loro note indicando il momento di passare oppure no; il lago di Lucerna e il militare che con i commilitoni nella passeggiata motteggia allusioni sessuali guardando le fanciulle incrociandole; e la chiesa protestante li nella nicchia superata una scalinata dove c'è quella piazzetta e il bar all'aperto: apri il portone idraulico ed entri sedentoti tra i banchi; Friburgo nei graffiti colorati da contraltare al ferro battuto della ringhiera del ponte sul fiume, con qualche guglia che noti essere immersa nel traffico di palazzi, finestre, angoli; più a basso le vetture in fila, pedoni, ciclisti in gim-cana e fermandosi: premono il pulsante del passaggio pedonale; il cartello che indica la foresta nera millenaria è in curva e c'è anche quello con il lago Titisee dove alla reception il ragazzo col caschetto biondo e i muscoli scolpiti assomiglia alla Jungen Hitleriana, col suo collega che mostra un tatuaggio presumibilmente corrergli su tutto il corpo, se arriva ad alcune parti del viso; mettendolo a fuoco il disegno si traduce in filo spinato, con in fronte un simbolo celtico di un'ascia stilizzata: tra quegli occhi azzurri e tranquilli il naso fermo e il garbo mite. Quando me ne vado lo vedo attendere seduto, alla reception che il suo collega lo raggiunga; Strasburgo caotica, ostile, ad ogni automobilista; Colmar sul fiume e la giovane minorene smorfiosa con quel saluto seducente ad un uomo cinquantenne; Basel, Basilea, Bale, di nuovo ad oltrepassare uscendo da uno Stato entrando in un altro; Olten, Aarau, Lenzburg, Niederlenz, e il giardino dietro la chiesa protestante dove riposa la zia Ermide e lo zio Hans sotto quella lapide con incisi i nomi; il lago di Neuchatel che impressiona essere celeste come il colore del mare in Sardegna; Montreaux dove non c'è un camping libero se il periodo è quello del festival jazz e allora a pochi chilometri Yvorne e la sua piscina con le nuotate, i tuffi, la parete rocciosa poco distante e perpendicolare alta centinaia di metri che copre il cielo, l'ago di pino nel caffè, con la coda dell'occhio individuo una spalla di carne bianca sfuggente e tatuata, la catena montuosa innevata e l'Italia dall'altra parte; il traforo del monte Bianco, e poi i lavori in corso e i tubi rossi flessibili sparsi sui sassi nella valle dopo il confine: ce ne andiamo per raggiungere la Versiglia. Superando la valle d'Aosta, il Piemonte, la Liguria, guidando verso Genova entrando e uscendo dalle sue gallerie, vedendo paesaggi da vertiginose sopraelevate: raggiungiamo la Versiglia <<...Papà...questo posto non mi piace !...>>...<<...non ti piace ?...la Versiglia non ti piace ? >>...<<...no...mi fa schifo! >> <<...mi piaceva Venezia !...>>. Fine delle vacanze.                   

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