lunedì 7 ottobre 2013

centoventinove

Non mi succede di avere nodi alla gola, fossero stille ritorte come ulivi, e. Non mi succede no, ma. E' come se il cuore d'ossidiana in petto, mi si sciogliesse, a scaglie. Di ghiaccio e in ghiaccio, a strati i vapori sollevarsi friggendo le arie circostanti, divenire nebbie torbide e in quella nebbia di vapori, i miasmi. Aghi di sale, pungenti e doloranti che  mi comprimono i pensieri; che razionalmente mi saprebbero dare una spiegazione a ciò che mi accade, ma strozzati lasciano spazio ad una sensazione primitiva d'impotenza. Come un animale sorpreso dal proprio dolore e. Il vacillare di mille cautele fatte d'inganni e di omissioni, nate. Per indurirmi e proteggermi dai dolori quotidiani. Le sento vane. E inutili. Persino e soprattutto, tra gli interstizi riesco a udire lo scricchiolio dei miei propositi pietrificati. Ma ciò che mi turba di più, è l'incapacità di saper gestire il dolore e la fertilità delle emozioni negative. Il distacco che ho attuato per così dire, dalla vita, mi rende infelice e sorpreso dall'occasione, che non riesco a sfruttare a mio vantaggio. In quella rielaborazione del dolore che è sterco della creatività. Il concime su cui si fiorisce in Dio. E se mai un tempo ne fui capace, di rielaborarlo, ora; non lo sono più e vivo lontano dal mio nucleo. Dalla mia forma autentica e primigenia. La più sensibile e. Tanto l'ho protetta da nasconderla ai miei occhi, tanto ho simulato che l'anima è salva, ma i sentimenti ibernati e la commozione che raramente provo, nemmeno quella la sento mia. Ma del mio doppio. Che guarda un uomo. Che ha smesso di vivere, per poter vivere, giacendo in un involucro di carne e ossa in verticale, celebrando la morte anzitempo.    

Nessun commento:

Posta un commento