domenica 15 dicembre 2013

duecentoventiquattro

working class

e
i tacchi li alzo
all'alba, di buon ora
l'ora in cui Dio è plausibile
nel buio, che scompare 
parafrasando 
vita
morte e miracoli, e in cielo
la luna è l'ombelico nel bigio
dove la luce non è luce e il buio 
non è il buio, e ogni forma è ombra
nel silenzio che confonde per la sua bontà
ammaliando per poi scomparire
intendo alle 5, 30 del meridiano
Greenwich, parallelo più 
parallelo meno; l'ora in cui
puoi sentire l'anima lieve
che rifugge dal fragore 
più o meno qui: se tocchi
lo sterno e poi all'interno
ti si svela come un dono
salire docile alla glottide
sic et sempliciter e mai
lo diresti dentro i passi
lesti che l'anima sfiori
l'iride come le nubi si
sfiorano, e i germogli 
di pensieri stanno in 
equilibrio
finalmente
dentro un
ritmo
circadiano a dire: in sintonia, in asse con uno stelo, un petalo, un sepalo
and a thorn, upon
a summer morn
a flask of dew 
a bee or two
a breeze a
caper in the 
trees, and i am a rose.
E fendo l'aria che mi rifluisce dietro
innalzandosi a pennacchio d'Achille o Cipputi
in ogni caso: ci vogliono gli attributi; e cammino
scontrandomi col fresco, agili e rapidi siamo entrambi:
enjambement: doppio passo alla Garricha mentre penso
non sia più tempo di congetture: avvio il motore nel grigiore di un Bartleby a ore.  

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