giovedì 3 marzo 2016

quattrocentocinquantaquattro


 - Ti guardo -

Il trafiletto sul giornale lo indica opera prima del regista, il titolo evoca il romanzo che sto leggendo: padre e figlio visitano i luoghi simbolo del ventennio fascista, il padre continuamente al figlio dice << guarda >>. Chiudo il giornale, mi annoto l'appuntamento per la proiezione ricordandomi Ray K. il quale mi disse di chiamarlo quando sarei andato al cinema. Per rimangiarselo in parte subito dopo, lasciando spiragli di possibilità; raramente viene, i titoli che gli elenco lo annoiano nonostante sia animato dall'enfasi di uscire, si concede idealmente si nega per masochismo; una volta desolato mi guardò dicendomi << e perchè mia moglie, e perchè mia figlia, e perchè mio figlio, mia suocera, mio padre che poi è morto, mia madre che è anziana, mio fratello, la casa, l'affitto e quel porco di dio, sono libero solo quando esco a far pisciare il cane: si può vivere così ? >> Certamente il film non è molto adatto per Ray; la mia amica Caterina Lisiex si addormenta in sala, Ray K. si addormenta in automobile; come quela volta che chiacchierando gli dissi << la vita umana è un pretesto di Dio per propagare l'amore tra gli uomini >>; Ray immediatamente s'accoccolò: parcheggiare lasciare uno che dorme profondamente a braccia conserte dentro un'utilitaria, per la gente che passava era vedere un alano nella cabina di un apecar. In ogni caso lo lasciai dormire, andai al cinema. Quando tornai non vedendolo in auto mi venne un po' d'apprensione; Ray stranito tra autobus e pensiline, guardava allucinato dove potessi essere, ma soprattutto dove cazzo si trovasse lui: non si ricordava di niente. L'unica cosa che si ricordava, gli stavo parlando della Bibbia. Ray se si trovasse in Francia tutti lo scambierebbero per Francese gli parlerebbero Francese stupendosi se facesse presente loro, che non parla assolutamente Francese ma che è Italiano originario di Modica << sapèt du ves ? >> gli direbbe per far loro capire che parla Francese. Ray ha la stazza di de Gaulle, ampio sedere gambe galvaniche; è lentamente rapido, mi sorprende e dico << è stato svelto pur non essendolo, com'è questa alchimia biologica ? >> Inoltre Ray ricorda il mio amico Phil delle medie: ha il viso con la stessa inclinazione. Phil aveva il dono di far ridere, avrebbe potuto stare zitto, eternamente zitto: avrebbe fatto ridere. Aveva il volto splendido, quelli ideati da un artigiano per una maschera buffa; guardavi Phil, per magia ti aspettavi qualcosa di ilare, comico, dissacrante; chiunque, qualsiasi essere umano vedendo Phil capiva come Dio avesse splasmato il volto a costui per alleggerire la fatica del dolore a chi lo avesse visto. Il prof. richiamandolo per rimproverarlo in realtà si aspettava una giustificazione che fosse gag umoristica facendogli addirittura da spalla; se Phill all'inizio pareva timido, poi la classe esplodeva in risate per una qualsiasi sua espressione o parola fulminea che fosse ingenua o dissacrante. Il prof, era convinto mentre lo guardava, di trovarsi di fronte un genio e aveva la postura di chi lo sa, lo vede; l'espressione ironica degli occhi indirizzati verso la bocca di Phil, centro di spirito e soffio, che dalla bocca comandava il resto del corpo: lo dicevano, lo presagivano, lo predicevano: il prof. si sentiva profeta. Dunque, Ray non lo chiamo, non amo sentirmi dire di no, << comunque hai fatto bene a chiamarmi ma sto in casa grazie Zen >> è tipico di Ray. La cassiera col volto levigato dall'intelligenza su cui muore ogni indecisione, mi saluta col sorriso franco. Biglietto in mano, varco la porta, scosto la tenda entro in sala. Dopo la visione rimango perplesso. Il film non è intricato è semplice. Il premio conferitogli mi s'incaglia come un macigno; lo considero normale, per cui rivedo il concetto di normale inteso valore se richiama la semplicità. La semplicità è un'arma di comunicazione di cui non hai consapevolezza, arriva, si svolge, ti conquista, lasciandoti insapore in bocca. La stesso insapore che mi ha lasciato il film: forse la sua grandezza; forse per questo l'hanno premiato. La ragazza alle prese con la chiusura dell'ombrello davanti al cinema, cui ho aperto con educazione la porta, seduta avanti da dove ero io, per tutto il tempo della proiezione ha messaggiato al telefonino. Di fronte alla scena di sesso tra omosessuali,  le due ragazze poco dietro di me, si sono lasciate andare con pudore a qualche risata. In auto tento di rivedere la trama; l'amore impossibile tra un uomo di mezz'età e un ragazzo che vive di espedienti in una città brasiliana. Detto così svapora tutto, e si riduce a qualcosa di sordido: si eleva tra i due quando il brillio dell'amore s'intrufola nella povertà, indigenza, nello squallore della vita di periferia dove i due vivono e danno per scontata; l'amore timidamente dà loro una prospettiva, soprattutto al giovane il quale però, per amore decide di eradicare il trauma che impedisce all'uomo di mezz'età, suo amante, di consumare tra loro il rapporto sessuale: cioè il padre. Va beh, se vi capita, andate a vederlo.                                   

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