sabato 13 settembre 2014

trecentotrentasette




-  la frazione sperduta -


se mi fossi voltato la cima dei grattacieli della mia città in lontananza avrei visto minuscole finestre multicolori; il frastuono dell'autostrada lo avvertivo vedendolo correre sulle automobili sotto di me: scesi dal cavalcavia seguendo il rettilineo pedalai svoltando alla prima; poi di nuovo imboccai una via di campagna stretta e delineata dagli alberi su di un fianco, che ombreggiavano da una parte e di nuovo curvai; all'angolo il cartello segnalava via dell'impiccato; nell'imboccare lo sterrato la ghiaia triturata dalle ruote la udivo secca incendiarsi, transitai sul ponticello di campagna, scrostato e colmo di cespugli che lo nascondevano al cielo sopra; non all'acqua sotto che scorreva nel canale increspata da sassi e sterpaglie lacustri ostacoli che a quel fluire, nulla potevano alla quiete che elargiva ai sensi; quel luogo mi parve fermo ai primi del novecento, riguardai il ponticello gli detti trent'anni di più; me ne andai sulla strada sterrata e bianca trovando all'incrocio il nulla davanti a me, che annunciava il regno della polvere; guardai e andai dall'altra parte, sul tragitto presso un cancello odorai le periferie appassasite di numerosi petali di rose caricandomi lo spirito di bellezza, fossero fiori d'un rosario naturale; pensai al declino della vita che sempre odora di amore poichè è nel principio della vita propagarsi ai sensi ignoti di chiunque apprezzi; dopo la lingua di sterrato la lingua d'asfalto sollevai la ruota anteriore pedalando il cartello segnalava via san Michele, facendomi ricordare la scalinata santa che salii con mio figlio durante le vacanze a Roma presso san Pietro; vi era qualcosa di anomalo in quella chiesa raggiunta dopo la salita dei gradini: percepii un culto diverso e le preghiere da recitare in varie lingue tranne in Italiano me ne diedero conferma: m'inginocchiai; la catena mi muoveva sulla bicicletta, come in un film il rintocco della campana sul campanile della chiesa mi indicò il luogo anonimo e sperduto in cui ero; il cartello della frazione di Trignano: dietro la chiesa un campo di calcio, ragazzi che rincorrono il pallone sul prato, guardo le reti delle porte scolorite sono fiacche e rotte, la ex scuola ora chiusa, qualche casa; anni fa in questo luogo incontrai un politico; affaticato e piegato sulla sua bicicletta da corsa snelliva la sua robustezza e nella vacuità oculare ed espressione del viso stravolta; gli lessi un pranzo luculliano, una sigaretta, una fellatio defatigante "...e la bici la butto via..."; poche pedalate e uscii da Trignano curvai e con me non avevo nessuno, ma sono pronto a testimoniare che in quella strada laterale di fronte alla casa colonica vi erano una dozzina di oche; che riposavano con la testa reclinata all'indietro tra le ali ripiegate sul dorso; un gallo razzolava incurante sui margini del fosso, l'unica oca in piedi sorvegliava il sonno di chi dormiva; più avanti la donna che incontro è coperta dal velo e gonna color celeste, la sua amica da velo e gonna di color verde, il viale è alberato, il passeggino blu da pochi euro; non da 1200 come sentii dire in uno scambio di gentilezze e sorpresa, tra persone che s'incontravano davanti ad una gelateria di Domenica; lui aspettava che la moglie partorisse due gemelli ed era in cerca di vestiario per i neonati, il passeggino lo aveva trovato usato a 350 euro; sul passeggino la donna dal velo e gonna celeste trasporta il bambino sonnolento che si strofina gli occhi mentre la sorellina gli corre avanti; la quale sorpresa mi guarda passare in silenzio non dicendo nulla; e penso all'alunno Dante che sognando al Purgatorio incontra la donna chiamata - falsa felicità - e quell'altra di donna le alza la veste mostrando al poeta il ventre puzzolente; e ora sono qui col taccuino tra le mani, tra le voci di chi allestisce un palco per una sagra estiva, col sole che  mi scalda le gambe stese sull'erba del castello su cui son seduto; l'aquila di pietra a terra avanza un mezzo passo in direzione delle mura; mi volto alzando gli occhiali da corsa sulla testa; oltre quella porta del castello vedo una piazza; l'entrata della chiesa transennata, le case color pistacchio e giallo ocra disposte sopra gli archi bianco sporco del porticato;  il cielo fermerà le nubi, il silenzio come un sarto imbastirà la chioma dell'albero ricordando il frutto della mela, un cane abbaierà, il grillo frinirà; e tutto nuovamente si muoverà come in una giostra in pieno maggio, mentre in curva sfiorando il fosso come il pallone in area il centravanti lanciato lo sfiora di testa sul cross proveniente dall'angolo,  pedalerò verso casa ; e sarà il mese di Settembre che mi farà domandare "...come fa ad essere così malinconico il sole anche se non è il tramonto ?...".                        

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