martedì 26 febbraio 2019

cinquecentoquarantadue

La sofferenza pare inespugnabile. Senza luogo priva d'identità, aeriforme, un'onda di malefici su cui normalmente demolisco il passato il quale però non mi abbandona. Sebbene esso sia crollato non muore definitivamente, ma si riduce in spettri di nugoli in polvere dove il futuro apre le ali, oppure dire riapre le ali: sarebbe più corretto; ma se le riapre non è futuro eppure pare per me che lo sia: nonostante non sia e non prenda poderosamente piede attraverso un totem dalle ali remote. Mi sottomette alla disgrazia di un passato sempre attuale, epperò mai vicino, mai lontano Entità dalla chiaroveggente orda femmina, la cui onta subita, mi infligge l'odore di glicine in una cicatrice in cui l'umiliazione è sorgente di un futuro radioso. Sulla cima del pennacchio, me milites in separata sede.




( t )

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