giovedì 26 aprile 2018

cinquecentotrentatre

Justin Junkie lo incrocio sempre in occasioni di finto stallo, cioè: sulla scacchiera Justin è sempre in un luogo, mai per caso, o forse si, comunque per comprare del fumo da qualcuno che deve arrivare. Lo so, manco glielo chiedo che ci fà li. Io la Torre lui il Cavallo. E parliamo di altro. Non ci vediamo mai: non importa, è come se fossimo sempre legati da un nastro TDK 120 e sopra incisi pezzi musicali degli anni 80 / 90 tra un brano e l'altro le nostre vicende personali gli chiederei come và " di nuovo c'è la vasta povertà che vedo il degrado morale " chioserebbe Justin, sempre con l'espressione  da fankazzista serio di chi la vita l'ha inquadrata da un pezzo e da quel quadro non si è mai mosso tranne per qualche giro sulla cornice con i boots della dott.Marteens una canna in bocca per vedere come si fa dentro quel quadro borghese affascinante ma sterile a vivere normalmente, ma poi ha concluso: non ne vale la pena di prodigarsi per alcunchè; fondamentalmente un punk fuck off  che non riesce nonostante sia passato del tempo, ad uscire dal proprio personaggio, nemmeno ha mai voluto; se lo vedi non implode non ne dà impressione non vacilla di esagerazione è liscio e modesto come la varechina in una bottiglia in frigo; in ogni caso ci mettiamo a parlare. Justin è della vecchia guardia non un uomo non un ragazzo, siamo della generazione che fu: cinquantenni pericolosi che non capiscono come si faccia a vivere in questo modo da sfigati l'indignazione un moloch col sudario di pensieri difficili da rimuovere con le bombe si rimette tutto a soqquadro nell'ordine che Dio vuole. Ma Justin ha lasciato perdere un po' queste faccende legate alla rivoluzione, del sesso ne ha fin sopra i capelli: mi racconta che ha appena finito di fare una terapia di chemio, non ha metastasi, i dottori gli hanno detto di continuare a fare la solita di vita. Non gli faccio notare che la solita vita per Justin non è la solita vita che i dottori intendono: onestamente non berrei nè birra nemmeno fumerei. Tanto più che è stato operato allo stomaco.  Ma onestamente tu lo vedi Justin fare un'altra vità ? In ogni caso non è depresso, ha la solita verve di chi guarda la vita, propria e quella degli altri, con interesse dinamico su cui ricamarci e integrare con fatti nuovi. Non riesco a star fermo mentre mi racconta delle sue vicessitudini, ne sono disturbato; pensare che Justin le abbia vissute mi trascina vicino al baratro dell'inconsistenza, mi fa crollare quell'incanto che nutro per tutti coloro che mi sono amici cui sono amico o hanno un posto nel mio cuore di narratore per vicende che se scrivo riporto e divengono immortali. Mi alzo, mi risiedo, prendo da bere, mangio uno stuzzichino, guardo Justin seduto da più prospettive mi accorgo non è drammatico, oggettivamente non drammatico: tranquillo, realista, non cerca commiserazione pare essere il giornale della sua vita: distaccato con forza necessaria; lo trovo saggio. Non so se vi sia nascosta la disperazione nei confronti dell'ineluttabilità,  la quale travestita crea morale, riduce ai minimi termini il mistero divino: la vita è dono, mentre l'uomo vuole essere divino. Non ricordo come sia finita, ricordo di essermi alzato mentre Justin beveva una birra, leggeva ad alta voce il giornale commentando: mi ha guardato, l'ho salutato, dico " alla prossima " mi risponde " alla prossima vecchio !".           

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