domenica 5 novembre 2017

cinquecentoventiquattro



Cielo, sole, stelle, luna, nubi, sicuramente tutto smirurato, ma il futuro è inesorabilmente imprigionato nella foschia. Lo sfondo non produce, non anima, rinchiude, rinserra, svolto entro in chiesa. Non prego un gran chè non leggo il libro aperto sul leggio il segno di croce con l'acqua santa la sensazione di avere la necessità di una catarsi. Il banchetto di iniziativa popolare in cui mi spingo è sotto il portico. Rifletto al pensiero d'uno scrittore che non conosco: quando lo vidi pensai al poeta Robert Frost sebbene Robert Frost sia molto diverso allo scrittore col cappello di paglia in testa cui viene attribuita la frase cui penso e che mi si stampa nella memoria - la persona è sempre in statu nascendi  - condizione d'ogni uomo se lo desidera ma anche se non lo desidera, la vita è continuamente una crescita. Penso ai piccioni in piazza, con la foschia fanno voli brevi, al principio ideatore del mio io che riluce, all'ovale della mia amica dal lucore simile ad una ragazza ritratta da Rembrandt, dell'ovale dell'altra mia amica col lucore Caravaggesco; alcune persone hanno una luce in volto, altre no. Mi fermo ascolto il programma per un attimo coinvolto in ciò che non capisco: in viaggio con l'anima spirituale ora devo usare l'anima psichica per concentrarmi. Nella realtà cerco di capire non riesco ad essere coinvolto a pieno da un progetto politico; mi spingo più in qua, faccio domande, l'interlocutrice è iper attiva convincente rischio di essere sommerso da un vortice parole uragano: zavorro me stesso, lancio qualche si, annuisco, capisco: di dovermi difendere senza fervore con idee che dormono in me nel più profondo non ho la voglia lo spirito il desiderio di manifestare il mio credo politico ho più la necessità d'introitare piuttosto di esternare; dall'angolo mi compare il pensiero dell'abitudine che mi redarguisce facendomi fretta da non poter rinviare nonostante il turbinio di umanità della donna. La scelta della briosc, davanti alla vetrinetta, integrale col miele un bicchiere d'acqua, un caffè in tazza grande, le cose sparpagliate sul tavolo, il panorama aritmetico personale. Qualche mosca atterra sul tavolo, ispeziona la briosc, s'invola, infastidisce, insiste, va viene, cerco di colpirla, fugge, irriverente, mi atterra sul vertice dell'orecchio. Di fronte a me il tipo legge il giornale, quello con la faccia da albanese digita al cellulare, costui col parrucchino le occhiaie prende il caffè: due colpi alla bustina dello zucchero all'angolo del tavolo strappa la sommità la rovescia nella tazzina mescola alza la tazzina alla bocca, ingurgita, si alza trova il giornale, come si siede di nuovo è assorbito dall'ignoto.         

Nessun commento:

Posta un commento